Nel paese dei maschi senza donne le nuove spose arrivano dall’Est

A Trasaghis, in Friuli, il futuro è un’agenzia matrimoniale

Guido Mattioni

Non erano certamente tutte belle come Claudia Cardinale in C’era una volta il West, le donne di variegata rispettabilità che nella mitica, avventurosa, quanto disordinata corsa verso la Grande Frontiera e i suoi pascoli più verdi, salivano su un carro o su una diligenza stringendo in mano un biglietto con su scritto il nome di un marito ancora sconosciuto, ricevuto per procura, e un generico indirizzo: «Oregon, là dove il fiume fa una curva, ultima quercia a destra». Perché se lo fossero state, così com’era lei in quel film - giovane, soda e irresistibilmente carnale - la corsa verso la Frontiera sarebbe stata sicuramente costellata da un maggior numero di duelli. E da molti più morti ammazzati nei cimiteri. Del resto, a quel tempo e in quei luoghi così remoti, le donne scarseggiavano più dei filoni d’oro, anche se molto meno del whisky. E chiamarle da fuori, complici le prime e pionieristiche agenzie di mezzani, era l’unica strada conosciuta dai maschi per mettere su famiglia.
Di certo, fortunatamente, il problema non si pone oggi in questi stessi termini a Trasaghis, 2.500 abitanti e rotti in provincia di Udine, anche se qui qualcuno comincia a dire che «noi maschi siamo troppi», e che soprattutto a essere poche sono le donne. E molte di quelle poche, pare, si spostano spesso in altri comuni per metter su famiglia e far nascere i frus (figli). Con il risultato che «il 70% dei maschi locali - si lamenta con l’inviata del Gazzettino (che ha lanciato la notizia in prima pagina) il gestore del Bar Sport, Claudio Toffolutto - non solo non è sposato, ma nemmeno fidanzato». Con la conseguenza che tra un tajut (calice) di Tocai (chiamiamolo ancora così, «cosa nostra» del Nord, senza né «k» né «j», prima del definitivo furto da parte degli ungheresi) e uno spritz con il Campari, qualcuno davanti alla cronista ha buttato lì l’idea: aprire in loco un’agenzia matrimoniale per fare arrivare «ragazze dalla Romania, dalla Polonia, insomma da quei Paesi là».
A smorzare le idee imprenditoriali dei suoi amministrati, ma soprattutto a ridimensionare il problema, è il sindaco di Trasaghis, Ivo Del Negro, che per quanto lo riguarda si è sposato giovanissimo: «Avevo 24 anni e ora ho due figli oltre i trenta e una nipotina, Valentina, di un anno». Il primo cittadino ammette che sì «c’è un problema generale che riguarda i paesi della zona montana e pedemontana del Friuli. E cioè che i giovani, soprattutto i maschi, tendono a sposarsi sempre meno e a rimanere in famiglia anche fin oltre i 40 anni». Del resto hanno casa, lavoro, automobile e soldi in tasca, oltre alla pappa pronta e alle camicie stirate dalla mamma, fa capire Del Negro. «Non come una volta, quando questi erano paesi poveri, di emigrazione».
Quanto alle ragazze, quelle «continuano a salire all’altare, anche se spesso vanno ad abitare altrove», dice il sindaco confermando l’altra metà della vox populi. Il risultato - «anche se quel che ho letto sui giornali, di un 70% di maschi né sposati né fidanzati è decisamente un’esagerazione» - è che il numero dei single uomini, a Trasaghis, è più alto di quello delle vedrane (le zitelle, in lingua friulana). Respinge invece, il sindaco, le cifre desolanti circolate sul numero di nascite e nozze. «Non è proprio come è stato scritto: qui da noi si celebrano tra i 12 e i 15 matrimoni e nascono in media 20 bambini ogni anno».
Quanto all’ipotesi di un’agenzia matrimoniale per importare mogli da fuori, Del Negro sorride e la liquida come «una battuta da bar». Anche perché, spiega, «le straniere qui sono già arrivate da anni, ma per conto loro: cubane, centramericane, qualche africana, molte dell’Est europeo.

Alcune inseguendo il lavoro che in questa zona fortunatamente non manca, soprattutto dopo la ricostruzione post terremoto (quello terribile del ’76, che praticamente aveva raso al suolo Trasaghis, ndr); e altre, soprattutto dell’Est, seguendo e poi sposando i nostri tecnici impiegati nelle sedi estere delle imprese friulane». Perché tutto è cambiato, in Friuli, meno che le ciacole al bar.

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