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Nel Pd la guerra tra il "noi" e il "loro": scontro tra Renzi e Bersani

Nel Pd scoppia la guerra tra il "noi" e il "loro". Il sindaco: "Non farò mai un partitino". Ma i renziani pesano il 12%. Dopo il ballottaggio andrà d'accordo con Bersani?

Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi durante il voto alle primarie del centrosinistra
Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi durante il voto alle primarie del centrosinistra

C'è sempre un nemico, un "loro", contro cui scendere in campo. È questa la regola (poco democratica) dei democratici che da sempre si contrappongono alla destra, a Silvio Berlusconi, ai berlusconiani. Alle primarie del centrosinistra, però, il nemico, il "loro", è cambiato. E ha indossato i panni di Matteo Renzi, sindaco di Firenze e rottamatore dei piani di Pier Luigi Bersaniche si è visto costretto a una sfida interna con un ragazzotto che ha osato sfidare il vecchio establishment di via del Nazzareno. "Ho sondaggi che dicono che il nostro raggruppamento potrebbe prendere almeno il 12%, fino a un massimo del 25%", ha avvertito il sindaco affrettandosi, però, a smentire la possibilità di farsi un "partitino".

Noi e loro. Noi, il Pd, e loro, ovvero tutti quelli come non la pensano come noi-Pd. Un gioco di parole? Tutt'altro. Da sempre, per i democratici (già comunisti, già diessini, quindi appunto democratici - ma solo di nome), loro sono stati quelli dall'altra parte della barricata: il nemico per eccellenza Silvio Berlusconi e tutti i "suoi". Adesso che il Cavaliere ha fatto un passo di lato e ha deciso di non candidarsi più alle politiche, Bersani & Co si sono ritrovati con un avversario interno. Ed è così che Renzi è stato tacciato di essere un "berlusconiano" e, quindi, è diventato dei loro. D'altra parte, è lo stesso Renzi a spiegarlo, sebbene la "squadra" sia sempre la stessa, nel Pd si può senz’altro dire "noi" e "loro" perché "non è che uno vale l’altro". Durante la conferenza stampa all'indomani delle primarie, il sindaco rottamatore ha detto che "c'è un noi e un loro dentro il Pd, stiamo tutti nel centrosinistra, ma se vince Bersani non è la stessa cosa che se vinciamo noi". Insomma, la squadra è la stessa, ma l’allenatore può fare il catenaccio o giocare a zona.

Eppure questa competizione interna non piace a Bersani e ai bersaniani che, nelle ultime settimane, hanno acuito il divario con Matteo Renzi e i renziani. Altro che stessa squadra. "Matteo ha sempre un diffettuccio che va corretto: dice 'noi' e 'loro' - ha spiegato il segretario piddì - ma c’è solo 'noi', siamo tutti noi, siamo questa grandissima squadra". E ha puntualizzato che, da sempre "loro" è Berlusconi, è la destra: "Ora sono un po' un confusione, ma qualcosa faranno. Non ci mancheranno gli avversari". Al di là delle dichiarazioni a mezzo stampa rilasciate da Bersani, la filosofia dei democratici è diversa. E Renzi, che è stato oggetto di accuse e attacchi durante tutta la campagna elettorale, lo sa molto bene. "Non è vero che io dico che 'loro' sono il Pd e noi no. È il contrario... cioè loro dicono che noi non siamo il Pd", ha detto il primo cittadino di Firenze a Che tempo che fa. In caso di una vittoria di Bersani al ballottaggio che si terrà domenica prossima, Renzi è infatti pronto a dargli una mano senza chiedergli nulla in campo. "Noi e loro vuol dire che siamo diversi da loro - ha puntualizzato - perché siamo per l’abolizione del finanziamento pubblico, l’innovazione, non siamo per gli inciuci degli ultimi vent'anni, non siamo d’accordo di stare con Casini, vogliamo una legge elettorale come quella dei sindaci".

Resta il fatto che il "noi" e il "loro" esiste e si vede. In caso di sconfitta, Renzi potrà anche collaborare, dare una mano, fare campagna elettorale per Bersani, ma rimarrà sempre un "berlusconiano", un diverso, uno di "loro". Perché non ha voluto rimanere entro i ranghi dell'organigramma del partito, perché ha osato sfidare il segretario e perché ha minacciato di fare un repulisti generale tra i vecchi del Pd. Insomma, nel piddì Renzi non sarà mai del piddì.

Sarà, sempre e comunque, "loro".

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