Nel Piano del territorio la moschea non c'è "Nessuno l'ha chiesta"

Dieci aree di trasformazione urbana. Dieci fette di città inserite nel Piano di governo del territorio. E ognuna ha una «vocazione». Ricerca, tecnologia, artigianato, sport e amministrazione. Sono queste alcune delle «aree tematiche». Eppure non è prevista un’area destinata ai luoghi di culto. Proprio così. Nel Pgt di Milano - il documento che disegna lo sviluppo della città da qui al 2030 - la moschea non c’è. Dopo i fiumi di parole e d’inchiostro dedicati al problema, le richieste dei musulmani, le proteste, le preghiere sui marciapiedi, nei garage, in piazza Duomo. Dopo gli interventi sulla moschea dell’Expo 2015. Niente. Come è possibile? Una discriminazione? Una negazione della libertà religiosa? No, niente del genere. La moschea - il luogo di culto - non c’è perché nessuno l’ha mai chiesta. Questa la spiegazione - semplice e perciò ancor più sorprendente - che dà l’amministrazione comunale, con l’assessore Carlo Masseroli, delegato allo Sviluppo del Territorio: «Non c’è la previsione di un luogo di culto - conferma Masseroli - perché le attuazioni dei piani nascono quando qualcuno chiede qualcosa al Comune. E in questo caso nessuno lo ha chiesto. Cosa avremmo dovuto fare? Quante moschee? Quali altri templi? E di che dimensioni? Sarebbe un approccio vecchio e stantio quello di una previsione astratta. Non funziona. Le cose nascono in funzione di qualcuno che le vuol fare». «Se mi si chiede cosa penso - continua l’assessore - e se esiste un’area che risponda alle caratteristiche per una grande moschea io dico di no. Perché avrebbe una forza attrattiva da Novara a Venezia. Ma al di là di ciò che penso resta il fatto che nessuno l’ha chiesto». È possibile che non ci sia stata nessuna richiesta dei centri islamici? «È così - assicura Masseroli - l’unica richiesta ricevuta per un luogo di culto islamico non è stata accolta perché irricevibile, non ricordo se per un problema edilizio o infrastrutturale». Risponde fra lo stupefatto e il rassegnato Mahmoud Asfa, storico direttore della Casa della Cultura islamica di via Padova, la più grande fra le comunità musulmana di Milano, da tempo impegnata in iniziative di dialogo interreligioso e istituzionale, e parte della Consulta degli stranieri: «Nessuna richiesta? Noi abbiamo scritto centinaia di lettere al Comune di Milano, senza ricevere alcuna risposta. Io non voglio smentire l’assessore Masseroli - dice Asfa - ma noi abbiamo bisogno di soluzioni. Per noi e per la città. Il problema è che nessuno ci ascolta».

«La richiesta formale non è un problema - continua Asfa, che peraltro è un architetto, proprio come il direttore dell’Istituto islamico di viale Jenner, Abdel Hamid Shaari - il problema è aprire una finestra di dialogo fra la comunità musulmana e le istituzioni. La destinazione d’uso a Cascina Gobba è stata rigettata. Che dobbiamo fare? Il Comune e le associazioni dei musulmani devono vedersi e parlarne. Non è interesse solo nostro, ma di Milano».

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