Cultura e Spettacoli

Nell’abbuffata orientale spicca un ottimo poliziesco

da Venezia

Le Mostre di Venezia, città di Marco Polo, sono ormai una Chinatown. Con ragione, almeno per film come Exiled (Esuli), prodotto, scritto e diretto da Johnnie To, ieri in concorso. Grande autore hongkonghese di cinema di genere, capace di restare fedele a se stesso, però con spunti diversi, To sostituisce Woo, che si è trasferito da Hong Kong a Hollywood, guadagnando di più e realizzando di meno. Infatti la cifra dei film di To è analoga a quella The Killer (1989, dvd Bim): storie di amici dall’adolescenza finiti nella malavita, che si battono per sopravvivere, mantenendo un rapporto leale e solidale anche quando il destino li oppone.
Exiled è costruito proprio così: due sicari di Hong Kong sono inviati a Macao per uccidere un ex compagno che ha ferito il capobanda; all’arrivo trovano altri loro due amici, giunti lì per salvarlo. Infine giunge il morituro, che nel frattempo s'è sposato e ha avuto un bambino. Chi ucciderà chi? Ma perché non rimettersi tutti insieme e fare un colpo da una tonnellata d’oro? L’avidità qui è il pretesto per razionalizzare un sentimento. Un gruppo d’amici pronti a battersi e morire, oggi, è più ridicolo di ieri, di quando i film francesi di Becker e Dassin, spesso ispirati da romanzi di Le Bréton, o i film di Melville, spesso ispirati da romanzi e sceneggiature di José Giovanni, fondavano un sottogenere che ha avuto epigoni a Hong Kong, non a Parigi e a Roma. Se infatti c’è un sentimento estraneo al poliziottesco italiano, è l’amicizia: da noi, ognuno per sé e Dio contro tutti.
È dunque un sogno quello Woo e poi di To? Ha dunque ragione Quentin Tarantino, che deve tutto, tranne il senso dell’amicizia, a Woo e, tranne la modestia, a Di Leo? Lo scontro fra individualisti e comunitaristi non è casuale: riflette modi antagonisti di essere che To è abile nel confrontare. Qui il capobanda è l’uomo moderno del denaro, mentre i suoi subordinati (il capitalismo non ha vinto senza lasciar tracce nella gerachia sociale) sono alfieri d'una cultura antica. La contesa fra tradizione e sradicamento serpeggia dunque anche nei posti meno immaginabili, come la Mostra di Venezia... Quanto a Anthony Wong, il protagonista di Exiled, era l’interprete dei memorabili film di Andrew Lau, in Italia usciti o in uscita solo in dvd, come Infernal Affairs. Dai tempi di Belmondo, Delon e Ventura non si vedeva qualcuno come Wong.
Sempre made in China è L’anima buona delle Tre Gole di Jia Zhang-Ke, anch’esso ieri in concorso. Il titolo italiano denota reminiscenze brechtiane (L’anima buona del Szechuan) nel distributore, ma non significa nulla, salvo l’allusione alla diga delle Tre Gole e al lago artificiale derivatone, mostrato anche da Amelio nel superfluo La stella che non c’è. Il titolo internazionale del film di Zhang-Ke, Still Life (Natura morta), era meglio, perché almeno rendeva l’immobilismo del film, anche se la storia mostra persone che si spostano e si perdono. Presentato come «film-sorpresa» (follia da abolire), è solo un film-noia, come Non voglio dormire solo di Tsai Ming-Liang.


Noia profonda, infine, ma breve (un’ora e un quarto) anche per il film russo in concorso, Euphoria di Ivan Vyrypaev: in certe mani perfino l’adulterio può essere un modo di soffrire non solo vivendolo, ma anche guardandolo.

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