Il giorno dopo la notizia (data ieri dal Giornale) delle nozze in chiesa di Giorgio Bocca con Silvia Giacomoni, avvenute poche settimane prima della morte, tutto tace. Silenzio e bocche cucite. E dunque riesce difficile approfondire il percorso esistenziale dell«Antitaliano» nei mesi prima della scomparsa. Dove e quando siano state celebrate le nozze segrete? I possibili testimoni si negano e chissà, sorge il dubbio che un certo imbarazzo derivi dal fatto che linformazione sia stata pubblicata dal giornale «sbagliato», magari poco gradito allentourage della grande firma di Repubblica.
Sospetti a parte, però, ciò che più conta è capire cosa si muoveva nellanimo di Bocca, insofferente alla vecchiaia e alle limitazioni cui lo costringeva nellesercizio dellamato mestieraccio. Superata la soglia dei 90 anni, in tutte le ultime interviste abbozzava dei bilanci, con un senso di precarietà, ma allo stesso tempo di soddisfazione e gratitudine per la vita vissuta. A novembre, per esempio, Feltrinelli ha pubblicato La neve e il fuoco. Giorgio Bocca si racconta, unora di intervista con Maria Pace Ottieri e Luca Musella in cui si parla di tutto, dallinfanzia e ladolescenza a Cuneo durante il fascismo alla guerra partigiana, dallarrivo a Milano e la passione viscerale per il giornalismo agli affetti e la politica. Nella storia personale di Bocca scorre il Novecento italiano. Anche perché Bocca non si risparmiava nello svelare la propria umanità e le proprie debolezze. «Mi sento molto forte come capofamiglia, sono uno capace di mantenere i miei famigliari», confida con un certo orgoglio. «Ma nei rapporti umani sono fragilissimo... Ieri mi ha telefonato mia sorella che ha cinque anni più di me: sai, sono triste e sola, e se rivedo la mia vita mi pare che le abbia sbagliate tutte. E tu? A me pare di averle indovinate tutte», conclude sorridente.
In queste conversazioni, come in quella a Lettera 43, spuntano tracce di una riflessione religiosa. Parlando del fatto che aveva tolto la vita a un uomo durante la guerra dice: «I preti sarebbero contenti di dire che ho un rimorso di questa roba, spesso me la ricordo... Credo che il mito che la vita umana è sacra, un dono di Dio, sia una cosa religiosa. Un timore, un rimorso che ti viene dalleducazione religiosa».
Non tutto il testo dellintervista si ritrova nel video. Nel libro che lo accompagna, gli viene anche chiesto se sia stato chierichetto da bambino. «Sì, crociatino, avevamo una divisa per le processioni, una casacca con la croce». La tua era una famiglia religiosa? «Direi religiosa superstiziosa.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.