Politica

Nella nostra galera mentale anticomunista è razzista

Caro direttore,
mi capita tra le mani un libro che promette di far ridere, e siccome ho una certa voglia di ridere lo apro. È Quattro gemelle indiavolate di Tom Sharpe, ed. Longanesi. Per deformazione professionale, però, prima di immergermi nella lettura mi soffermo - errore - sul risvolto di copertina.
E leggo che uno dei personaggi, per l'esattezza l'imprenditore americano Wally Immelmann, è un «razzista maschilista ignorante porco anticomunista guerrafondaio e quant'altro (e scusate se è poco)».
La cosa mi fa riflettere. Passi l'espressione «e quant'altro», che vorremmo vedere cancellata da tutti i libri, passi anche «e scusate se è poco» (stesso discorso). Ma quella serie. Ricapitoliamo: Razzista. Maschilista. Ignorante. Porco. Anticomunista. Guerrafondaio. È la serie, la striscia negativa, a colpire. Mai io vorrei che mi si desse del razzista, e nemmeno del maschilista. Ignorante, men che meno. Porco, poi? Nemmeno per sogno. Anticomunista... Un momento. Io non sono mai stato comunista, considero il comunismo una iattura nella storia dell'Occidente, perciò sono anticomunista. Magari non uno dei più accesi, visto che il mio adorato nonno era comunista e visto che ho tanti amici a sinistra. Ma, alla fine, poiché ho avversione per il comunismo, io sono un anticomunista. Mi spiace un po', ma lo sono. I miei amici lo sanno, e sono miei amici lo stesso.
E non sono nemmeno un guerrafondaio. Proprio per niente. Insomma, sarei perfetto se non fossi un anticomunista.
Ma quello che colpisce è che la striscia sta bene così. Quando si arriva alla parola «anticomunista» non viene da sussultare. Questo vuol dire che nella nostra mente l'associazione è stabilita, questo è il discorso che è passato e ce l'abbiamo in testa.
Io credo che ci sia più comunismo in queste associazioni mentali che non in Veltroni, D'Alema e Fassino messi insieme. Ormai, se parli di comunismo a un ds può darsi che si metta perfino a ridere. Benissimo. Resta il fatto che, in Italia, nel campo delle associazioni psicologiche, il comunismo è vivissimo, che l'equazione «comunismo=bene» e l'altra, «anticomunismo=male» continuano a vigere come leggi, anche se tutti - penso in buona fede - le sconfessano.
Insomma: cambiano i governi, cambiano le opinioni, ma le leggi (anche quelle mentali) restano.
Provate anche soltanto a immaginare un personaggio romanzesco che sia «razzista maschilista ignorante porco antifascista e guerrafondaio». Non è possibile. Oppure un personaggio che sia «egualitario, femminista, colto, morigerato, anticomunista e pacifista». Diciamocelo francamente: sono personaggi assurdi, inimmaginabili.
Ma poiché a me capita di appartenere a una consimile tipologia, ne deduco che io stesso sono una persona assurda. Io, che ho amici omosessuali, mi dichiaro anticomunista? Non è possibile, delle due l'una.


Ma in che razza di galera mentale siamo costretti a vivere? Capisco la coerenza. Ma un anticomunista per essere coerente con se stesso deve essere per forza anche razzista, ignorante e porco?

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