Michele Anselmi
Dobbiamo credergli? Marco Bellocchio assicura che non c'è niente di autobiografico. Nessuna vendetta, insomma, per il mancato Leone d'oro al suo Buongiorno, notte, due anni fa a Venezia. E neanche per le distrazioni dei David di Donatello, se è vero che l'ultima statuetta conquistata alla voce «miglior regista» risale al lontano 1980, grazie a Salto nel vuoto(da allora ha girato altri dodici film). Eppure state a sentire che cosa succede in una scena cruciale di Il regista di matrimoni. Fintosi morto in un incidente d'auto nella speranza d'essere finalmente premiato, magari alla memoria, il risentito cineasta Orazio Smamma, incarnato da Gianni Cavina, urla in riva al mare al protagonista Franco Elica, cioè Castellitto: «Se vuoi vincere, devi morire. Quando uno è morto, chi resta è tranquillo. E a quel punto si può anche premiare». Non basta. «Quest'anno ho fatto un film su la madre di Giuda, proprio per vincere un David. I produttori mi avevano assicurato che, dopo tante ingiustizie, questo era il mio anno... E invece le parrocchie del cinema, di sinistra, di centro, quelle di destra no, non contano un cazzo, hanno cominciato a telefonarsi. I regolamenti sono rispettati, le bande si chiamano, si accordano, si scambiano i voti. Non fanno niente di criminale, è la democrazia».
Uno sfogo che magari al pubblico normale dirà poco o niente. Ma ieri mattina, all'anteprima stampa, i giornalisti hanno molto sorriso, cogliendo nell'invettiva di Smamma (i cognomi sono sempre rivelatori nei film del regista piacentino) più di un riferimento preciso. Sia sul piano cinefilo, con l'evocazione del potere terrorizzante che produsse, sul bambino Bellocchio, il fosco Promessi sposi di Camerini. Sia sul piano più squisitamente polemico, con quella frase che torna più volte: «In Italia comandano i morti». Che Bellocchio alludesse al David andato post-mortem a Massimo Girotti per La finestra di fronte?
Ora è vero. Nel film i David sono di Michelangelo, non di Donatello: ma ci siamo capiti. Il caso, peraltro, ha voluto che Il regista di matrimoni fosse presentato alla stampa alla vigilia dell'incontro al Quirinale, stamattina alle 10, tra il presidente Ciampi e i finalisti del premio cinematografico. Ci si poteva aspettare che Gian Luigi Rondi, storico patron dei David, poco apprezzasse l'affondo, così esplicito e umorale. Invece l'interessato rivela: «Offeso? Neanche un po. Anzi mi sono molto divertito. Voglio bene a Bellocchio, non mi pare che se la sia voluta prendere con qualcuno».
Sarà. Tuttavia il gioco del «chi è chi» ha mobilitato la malizia dei cronisti, in un rincorrersi di nomi illustri, benché Bellocchio consigliasse di non prendere troppo sul serio l'episodio di Smamma. «Naturalmente nel film affiorano richiami a varie avventure professionali della mia vita, ma non ci sono conti da regolare - spiega -: intendiamoci, è legittimo per un artista essere riconosciuto. Cioè, essere. Solo che Elica cerca un'identità più profonda, si mette in discussione. Mentre Smamma appare ossessionato da un riconoscimento che lo porterà alla rovina. I David, fossero anche dieci, non cambierebbero per nulla la sua vita. La salvezza è un'identità personale che può fare a meno di qualunque premio».
Saggezza encomiabile, tanto più dopo i malumori che costellarono la vicenda veneziana di Buongiorno, notte e i recenti attriti col festival di Berlino per l'esclusione dal concorso di Il regista di matrimoni. D'altro canto, a un certo punto dalla partitura musicale del film si innalza a sorpresa il Dolce sentire su testo di Francesco d'Assisi. Che Bellocchio non sia l'ateo patentato che dice di essere?
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