Un viaggio di oltre un'ora, così intenso che non solo l'attore, ma anche il pubblico dovrebbe prepararsi: ad una concentrazione totale. Come ci si dedica a una storia d'amore. Alessandro Bandini ha creato con Per sempre uno spettacolo che, a partire dalle oltre duemila lettere, scritte tra il 1959 e il 1962, tra Giovanni Testori, scrittore, drammaturgo, regista e pittore, e Alain Toubas, mercante d'arte e gallerista francese, diventa un concentrato di ricerca sulla relazione tra parola privata e parola nell'arte, relazione evocata dal corpo. Per sempre, di cui Bandini è ideatore, curatore e interprete, debutta al Piccolo Teatro di Milano oggi e ha davanti una lunga tournée in cui arriverà in scena il lavoro di scavo e costruzione drammaturgica che, insieme al dramaturg Ugo Fiore, Bandini ha compiuto su migliaia di lettere e cartoline totalmente inedite e su versi de I trionfi, poema che Testori dedicò a Toubas.
Come nasce il progetto?
"Dalla prima volta che ho incontrato Testori e non sapevo che fosse Giovanni Testori. Avevo 14 anni, frequentavo la scuola di recitazione a Genova e l'insegnante ci aveva dato delle scene dall'Arialda".
Poi il tempo è passato.
"E mi sono ritrovato davanti a Testori quando abbiamo fatto il percorso di Bottega Amletica Testoriana con Antonio Latella. Ero molto indeciso su che cosa portare al provino, lui ci chiese un brano a scelta da qualsiasi opera di Testori. Io non ho un rapporto così profondo con la poesia e invece proprio lì ho trovato ciò che mi ha colpito: la prima volta che ho letto I trionfi sono rimasto molto turbato, di nuovo, come a 14 anni".
Durante la Bottega ha incontrato il Testori privato.
"Abbiamo fatto una visita a Casa Testori, a Novate Milanese. Giuseppe Frangi, nipote di Testori e direttore della Casa, ci disse: Sono arrivato nel 2021, alla morte di Alain Toubas, e tra le varie cose che abbiamo ripreso è tornato quel pacchetto di lettere che Testori e Alain si scrivono tra il 1959 e il 1962. Abbiamo provato ad aprirlo, ci siamo resi conto che è una fiumana di testo tutto scritto in francese. Lo zio mi aveva sempre detto che lui nel suo studio perdeva tutto. Oppure bruciava. Invece quelle lettere lì mi ha detto che dovevano rimanere in una credenzina e nessuno le doveva toccare".
Sono diventate spettacolo.
"Ho chiesto a Giuseppe se potevo dare un'occhiata e lì c'è stata una sorta di illuminazione. Scossa. Folgorazione vera. La prima che viene scritta da parte di Testori è del 3 marzo 1959, la prima che ho letto è del 19 marzo ed è quella con cui si apre il mio spettacolo: Caro Alain, io sono disperato perché non siete venuto qui, avevo già pianificato tutto. Sono un uomo sfortunato, amo ma non riesco ad esprimere l'amore che ho per voi. Perdono, perdono, perdono".
Come nasce l'idea di far dialogare le lettere con I trionfi?
"Già dalle prime mi rendevo conto che i Trionfi e il verso poetico avevano un continuo rimando con il loro amore. In una lettera del 2 giugno, quindi dopo tre mesi neanche, Testori scrive ad Alain: Non riesco più a tenere dentro di me tutta la forza di questo amore, ho bisogno di scrivere dei versi per te".
Che Testori arriva in scena?
"A 36 anni l'amore mi ha distrutto per la prima volta, tutto intero, scrive Testori: in scena c'è un bambino, un puer, un uomo colpito da meraviglia, stupore, paura davanti a un amore che nello stesso tempo gli permette di iniziare a creare. ".
Che cosa ha da dirci oggi?
"La parola testoriana è carne. Lì ci sento la vita".