Roma

«Nelle scuole laziali presenteremo il ddl con le nuove norme contro la pedofilia»

Il Lazio è la regione italiana al terzo posto per rischio pedofilia, dopo Lombardia e Veneto. Secondo i dati diffusi dal Nit, lo speciale nucleo investigativo telematico istituito presso la procura della Repubblica di Siracusa, nel 2007 sono stati effettuati 61 decreti di perquisizione nel territorio laziale (la gran parte a Roma), anche grazie anche alle segnalazioni di Telefono arcobaleno. Un’indagine svolta nel Lazio dal Moige (Movimento italiano genitori) rileva che il 76% delle famiglie è preoccupato dal problema, ma soltanto un genitore su dieci sa riconoscere un atto pedofilo e solamente il 5% ritiene che il pericolo provenga da Internet.
Nei prossimi giorni sarà presentata agli educatori dei principali istituti scolastici del Lazio una proposta di legge che reca le prime firme di Maurizio Gasparri, presidente del gruppo del Pdl a Palazzo Madama e di Laura Allegrini, una senatrice del Pdl di origini viterbesi. La proposta anti-pedofilia prevede, nel dettaglio, inasprimento della pena, divieto di patteggiamento, obbligo di sottoporsi a un trattamento psicoterapeutico, anche nei cinque anni successivi alla scarcerazione, e istituzione di un “registro dei condannati” per reati sessuali, per un coordinamento maggiore tra forze di polizia, scuole e asili. «La filosofia della legge - spiega Allegrini- è quella di considerare il pedofilo come persona malata e come tale bisognosa di cure. Per la stesura del testo abbiamo lavorato a stretto contatto con l’Osservatorio sui minori e abbiamo poi raccolto l’opinione positiva da parte dei genitori dei bambini coinvolti nella vicenda di Rignano Flaminio, con i quali ci siamo recentemente confrontati».
Il disegno di legge punta soprattutto alla collaborazione tra forze pubbliche e presidi educativi locali: una delle sue novità più importanti riguarda l’istituzione di un albo, o registro informatico, con i nomi dei condannati, anche con sentenza di primo grado, accessibile agli organi di polizia e poi notificato a scuole, asili e centri per la formazione e l’infanzia. A ciò si aggiungono il divieto per colui che ha commesso il reato di svolgere, nei cinque anni successivi alla cessazione dell’esecuzione della pena, lavori a contatto con i bambini, l’impossibilità di chiedere il patteggiamento e un forte inasprimento della pena: da 10 a 16 anni di reclusione (attualmente da 6 a 12) per fatti commessi verso minori di età compresa tra i 14 e i 16 anni e da 15 a 21 (attualmente da 7 a 14), nel caso in cui il bambino abbia meno di dieci anni. Senza dimenticare l'obbligo di un trattamento psicoterapeutico, volto a modificare il comportamento sessualmente deviato, sia durante la detenzione, che nei cinque anni successivi alla scarcerazione.
«Misure indispensabili - dice Allegrini - per arginare un fenomeno in continua crescita, anche a causa dell’uso dilagante di Internet, dove proliferano siti che in un solo giorno raggiungono guadagni di decine di migliaia di euro e che scompaiono dall’oggi al domani, senza la possibilità di rintracciarne i responsabili». E proprio nella “rete” si annidano i maggiori pericoli, sebbene non sempre visibili: secondo il Moige, solo il 5% delle famiglie laziali reputa Internet luogo a rischio pedopornografico e benché il 76% sia preoccupato dal dilagare del problema, solo un genitore su dieci sa riconoscere le caratteristiche di un atto pedofilo.

La famiglia è anche al centro di un’ulteriore proposta della senatrice Allegrini: «Introdurre la responsabilità penale per tutti i membri famigliari che non denunciano reati nei confronti di minori, consumati all’interno delle mura domestiche».

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