Milano - E quando tutto andava male, finivano al «meno tre». Nel ventre della clinica Sana Rita solo due rampe di scale separano il piano del blocco operatorio dal livello che gli infermieri chiamano freddamente «meno tre»: la camera mortuaria. Sopra, le luci asettiche delle sale chirurgiche, il regno di Pierpaolo Brega, il primario dal bisturi facile. Sotto, le celle frigorifere che ospitavano chi dai ferri di Brega - da operazioni inutili, accanite, crudeli - usciva con i piedi in avanti e un lenzuolo sul volto.
È l’una di ieri, la camera mortuaria è chiusa. Il blocco operatorio è invece il consueto via vai di mascherine e di camici verdi e azzurri. Si opera, la vita va avanti, ma intanto non si parla d’altro. Ma solo a bassa voce. Perché l’ordine dall’alto è arrivato immediato e tassativo: bocche cucite. «Certo che li conosciamo, gli arrestati, abbiamo lavorato con loro fino a ieri - dicono due infermieri, aria giovane e tosta - ma ci è stato vietato di dire qualunque cosa». Ma come è possibile che le operazioni facili di Brega e del suo staff siano andate avanti così, per anni, senza che nessuno dicesse nulla? C’era un input dell’azienda, “operate più che potete”? «Se c’era questo input noi non ce ne siamo accorti. E quando abbiamo saputo degli arresti siamo caduti dal pero».
Fuori, nei corridoi, nelle sale d’attesa, scorre la vita di ogni giorno. Piccole e grandi sofferenze bussano alla porta della Santa Rita, in un clima di normalità reso surreale dai furgoni delle tv appostati fuori, su via Jommelli. I pazienti, vasi di coccio in questo tourbillon, cercano di aggrapparsi alle poche certezze a disposizione: «A me faceva male una gamba - dice una signora mostrando la cicatrice - e qui mi hanno sistemato, tutto bene, non posso lamentarmi». Ma anche c’è chi del tintinnare di manette spiega di non essersi affatto stupito: «Che qui la gente rischiasse la pelle si è sempre saputo - dice il signor Michele Matera da Andria - qui in zona c’è gente che quando viene caricata in ambulanza dice ai lettighieri “portatemi dove volete ma non alla Santa Rita”. E io quando ho fatto lo sbaglio di permettere che venisse ricoverata qua mia figlia ho dovuto portarla via con la forza, trasferirla al San Raffaele, altrimenti me la mandavano al Creatore».
Un vecchio professore, uno di quelli che la clinica l’ha vista crescere, se ne va scrollando il capo: «Non ho parole. Non so cosa sia successo. È come se tutti ci sparassero addosso e noi non sappiamo perché». Ma poi, uno po’ alla volta, la gente che lavora in Santa Rita si smolla. E si scopre che la buriana di ieri mattina è arrivata tutt’altro che inattesa. Da molti mesi tutti sapevano dell’inchiesta della Procura, anche se pochi immaginavano la virulenza che avrebbe sviluppato. Il segnale d’allarme era arrivato, inequivocabile, circa sei mesi fa, quando il Notaio - come tutti qui chiamano Francesco Paolo Pipitone, presidente e nume tutelare della clinica - cacciò su due piedi Pierpaolo Brega Massone, brillante e iperattivo primario di chirurgia toracica. Ed è su di lui, su Brega, che si concentrano gli strali di medici e infermieri. «Per colpa di uno, di uno solo, ci sono ottocento persone che rischiano il posto».
L’aspetto bizzarro di queste chiacchiere è che tutto il resto del marciume portato a galla dall’indagine - il trucco sistematico delle cartelle cliniche per rubare più soldi possibile allo Stato - viene considerato in via Jommelli un peccato veniale, una bagattella, un’astuzia resa insignificante dal fatto che nel mondo della sanità privata «fanno tutti così». Malauguratamente frugando tra le cartelle cliniche truccate la Finanza ha scovato anche le imprese di Brega. I pazienti sezionati senza motivo, i vecchietti morti. Eppure Brega, da queste parti, se la tirava da padreterno. Gli infermieri non fanno il suo nome, lo chiamano «quello lì». Come era arrivato qui? «Quello lì aveva un curriculum di grande livello, le referenze dell’Istituto dei Tumori, chi poteva andare a pensare? Tanto che quando il Notaio lo ha mandato via è andato subito a lavorare in una clinica famosa, vicino al Duomo».
E i vertici della Santa Rita intanto
dov’erano, dove guardavano? Pensavano solo a gonfiare i costi? Qui gli infermieri si azzittiscono, tornano chiusi, diffidenti. «Noi in questo piatto ci mangiamo - dicono - e non abbiamo nessuna intenzione di sputarci dentro».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.