Laura Novelli
Stasera Roma diventerà scenario di una grande festa barocca capace di trasformare il suo tessuto urbano in un quadro vivente di attrazioni e accadimenti. Motivo per cui cercare la voce «teatro» nel carnet delle proposte in programma suona quasi ridondante. Questa notte bianca è, infatti, già di per sé teatro. Un teatro che al suo interno prevede eventi intimamente legati con i luoghi e animati dalla voglia di uscire allo scoperto per offrire al pubblico qualcosa di nuovo. Ci sono sale storiche che aprono i loro spazi a visite guidate dietro le quinte. Ci sono compagnie che fuggono dai teatri ufficiali per approdare in luoghi «altri». Ci sono strade, piazze, scuole, palazzi antichi chiamati a incorniciare spettacoli e performance. Se, ad esempio, tre solide istituzioni come Argentina, Valle e Quirino scelgono di ospitare artisti e titoli che sconfinano in altri generi (lo stabile capitolino propone una serata di danze tibetane, le due sale Eti fanno da sfondo alle esibizioni dellattore Massimo Verdastro, della musicista Francesca Della Monica e del gruppo americano Luma Theater), il Piccolo Eliseo punta su un doveroso omaggio a Giuseppe Patroni Griffi e gli tributa una retrospettiva cinematografica che prevede la proiezione delle pellicole Metti una sera a cena, Identikit e Divina creatura. Teatro è dunque, in questa occasione, soprattutto ciò che cambia pelle, che osa mettersi in gioco. Come la Tosca danzante e danzata in cartellone a Castel SantAngelo. Come la ricca maratona di iniziative prevista al Vascello. Come le prove aperte de Le nozze di Figaro dirette da Gigi Proietti allOpera. Come, ancora, la Crimp Night che lAccademia degli Artefatti allestisce nel Museo di Roma di Trastevere, abitandone i diversi ambienti con sette installazioni ispirate alla drammaturgia dellinglese Martin Crimp. Abitano invece spazi allaperto rubati agli assetti architettonici di ieri e di oggi le improvvisazioni di teatro di strada promesse sulla Portuense, nellarea di Tor Vergata, a Ostia. Mentre sarà il liceo scientifico Pilo Alberelli di via Manin - e in particolare la classe dove Enrico Fermi studiò fisica - a fungere da palcoscenico per «La notte di Majorana», un lavoro che mette insieme storia e racconto orale impastandoli di dialetto siciliano. E non è un caso che sia proprio il cosiddetto «teatro di narrazione» a ritagliarsi una fetta consistente di presenze e titoli. La notte dei racconti si intitola infatti la composita vetrina sospesa tra letteratura e lettura dove trovano ampio spazio la «fiaba», motivo dominante a piazza Farnese e a piazza Capizucchi, e la «metamorfosi», filo rosso degli interventi di Trastevere.
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