Nell'Udc "democratica" scattano le purghe

Pronta l'espulsione per i ribelli. Il deputato Pisacane deferito ai probiviri per una intervista pro-Berlusconi. E la fronda siciliana cresce

Roma Nell’Udc volano gli stracci e cominciano a fioccare le espulsioni, guarda caso a danno dei parlamentari che le cronache danno già con un piede fuori dal partito di Pier Ferdinando Casini. Il primo a farne le spese è stato il deputato campano Michele Pisacane, colpevole di avere rilasciato un’intervista a Repubblica, intitolata: «Sto con l’Udc, tratto col Pd e forse voto Pdl». Con una lettera indirizzata ai probiviri del partito, il segretario Lorenzo Cesa ha chiesto che vengano presi provvedimenti, tra i quali anche l’espulsione, nei suoi confronti. Intervista «allucinante» che, a detta di Cesa, rischia di recare «gravi danni all’immagine del nostro partito». Il segretario centrista attendeva una smentita dell’intervista (in realtà dal tono scherzoso), che non è mai arrivata. E anche questo è un sintomo dell’aria che tira nel partito di Casini.
La tesi rassicurante del leader (in sintesi: «Si possono prendere dirigenti, ma non voti») traballa di fronte all’obiezione che la posta in gioco è la cassaforte dei consensi. In prima linea tra i centristi che chiedono al partito di cambiare, ci sono infatti gli Udc siciliani e senza di loro il partito perderebbe gran parte della sua sostanza. «Voglio proprio vedere come farà Casini senza i nostri voti», sintetizzava ieri Calogero Mannino, riferimento, insieme a Totò Cuffaro e Saverio Romano, della fronda siciliana e anche azionisti di riferimento del partito nell’isola. I vertici nazionali cercano di ridimensionare. Rocco Buttiglione, che ha un ruolo di mediatore, ha quantificato il peso dell’Udc siciliano intorno al 10% del consensi totali. Sono abbastanza, spiega Mannino: «Senza il 12 per cento dei consensi dell’Udc siciliano Casini non siederebbe nemmeno in Parlamento. Non si rende conto di non essere lui ma Fini l’ago della bilancia». La risposta del vertice non è adeguata: «L’Udc si sta dimostrando al pari degli altri un partito padronale, e non democratico».
La partita che stanno giocando i siciliani è nazionale. Si sono fatti sentire al congresso di Chianciano, che si è chiuso domenica, criticando l’intervento del procuratore nazionale antimafia Piero Grasso che dal palco centrista aveva attaccato il processo breve. È servito a poco il doppio tributo che Casini ha rivolto a Mannino dallo stesso palco. A vuoto anche le rassicurazioni che l’unione non andrà a sinistra e rimarrà garantista. La fronda nei centristi siciliani non si è fermata e i motivi di attrito si sono moltiplicati.
Rimangono in silenzio i deputati che le voci di palazzo danno pronti a traslocare verso il gruppo di responsabilità nazionale. E arrivano anche smentite, ad esempio quella di Lorenzo Ria, dello steso Romano. Ma Francesco Pionati, leader dell’Alleanza di centro, alleato del Pdl e conoscitore delle dinamiche ex Dc è sicuro che le cose cambieranno. Sempre che Casini non inverta la rotta: «Ma ha solo due settimane di tempo».
Per il momento Casini sta cercando di mettere ai margini i siciliani ribelli. Ieri il governatore della Sicilia Raffaele Lombardo ha annunciato la formazione di un’altra giunta con dentro l’Udc. Gli azionisti di maggioranza sono caduti dalle nuvole. «Lombardo sia più preciso perché l’Udc in Sicilia è rappresentata dal sottoscritto ed io non lo ho incontrato», ha protestato Romano.

Come dire, la scelta di appoggiare un esecutivo regionale più spostato a sinistra arriva da Roma. Affronto gravissimo per una Regione gelosa della sua autonomia. Benzina sul fuoco dello scontro, come se ce ne fosse bisogno...

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