Nessuna paura: il Carroccio tiene a bada le ali estreme

In dichiarazioni di politici come Pier Ferdinando Casini, in editoriali della «grande stampa indipendente» si avvertono segni di smarrimento di fronte a un governo che ancora «tiene». Nonostante una campagna mediatico-giudiziaria contro Silvio Berlusconi che avrebbe ammazzato un elefante, nonostante un quadro internazionale ed economico pieno di incertezze, la leadership italiana appare più salda di quella di Josè Zapatero pronto al ritiro nel 2012, di Nicolas Sarkozy in gravi difficoltà e persino di un’Angela Merkel che ha perso importanti elezioni locali.
Il nervosismo degli ambienti politici, economici, internazionali, di settori dello stato che vorrebbero abbattere o comunque indebolire la maggioranza è fortissimo. Si susseguono iniziative destabilizzatrici. Pier Luigi Bersani ha puntato sulla solidarietà tra nomenklature per dividere la Lega dai berlusconiani: anche voi vivete di scambio e controllo di risorse politiche locali, avete ormai un ceto politico simile al nostro, che cosa c’entrate con il miliardario arrogante? Questo è stato il suo discorso, condito da aperture (sia pur di volta in volta tradite) sul federalismo.
Ora opinionisti come Ernesto Galli della Loggia puntano invece sulla più tradizionale propaganda antileghista per creare fratture tra maggioranza e opinione pubblica: guardate come i «padani» sono inefficienti sull’immigrazione, cioè sul loro cavallo di battaglia - dice l’editorialista del Corriere della Sera - Non sono una forza di governo. La verità è che l’articolazione della maggioranza di centrodestra tra una forza anomala ma liberal-moderata come il Pdl e una populista-localista come la Lega risponde a certi fattori di fragilità politica di altri stati europei. La crisi del welfare classico, l’esplodere dell’immigrazione, i duri limiti delle politiche nazionali nell’età della globalizzazione hanno prodotto tendenze in tutta Europa di protesta con tratti populistici che hanno reso deboli i vari sistemi politici, persino quelli già assai solidi di Olanda e Scandinavia, con alcuni riflessi in Germania e con un grande peso in Francia dove Marie Le Pen potrebbe escludere Sarkozy dal ballottaggio per la presidenza, imballando la politica d’Oltralpe. In Italia invece il rapporto tra berlusconismo e seguaci di Umberto Bossi ha istituzionalizzato la protesta e consente di avere una politica estera meno esasperata di quella di Parigi e meno bottegaia di quella di Berlino, di trattare con l’Unione europea e con i Paesi arabi su basi autonomamente definite (sono ben presenti a tutti invece «le subalternità» di Carlo Azeglio Ciampi e Romano Prodi) e di dare un orizzonte (quello federalista) alla necessaria riforma delle istituzioni italiane.

Ci sono limiti dentro il quadro politico che abbiamo descritto? Certamente, per esempio nella capacità di elaborare approfonditamente e non solo rappresentare semplicisticamente le politiche decise. Però con tutte le rozzezze, l’assetto oggi in campo mostra una sua solidità e al momento non ha alternative.

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