Il problema è che questo reality era stato lanciato come un fenomeno, e si sta rivelando un boomerang. All-American Muslim, con tanto di mezzaluna (blu) nel titolo, racconta la vita di alcune famiglie di musulmani a Dearborn, nel Michigan. Il fatto è che le loro esistenze sono così normali, da suscitare scandalo. E noia: a metà novembre era partito alla grande, ora è già un flop per il canale che lo trasmette, Tlc. Ed è questo il motivo dello scandalo, All-American Muslim parla solo delle famiglie da Mulino bianco, donne che si interrogano sulla maternità, matrimoni da organizzare, un padre poliziotto e un altro allenatore di football, ci aggiunge qualche discussione su come indossare lhijab, le preghiere del venerdì, e via. Una filosofia annunciata già dal trailer: «Viviamo le nostre vite, come chiunque altro». Alla faccia dello slogan.
Perciò un gruppo conservatore, la Florida Family Association, si è indignato: in questo reality - è la sostanza della critica - non cè neppure un estremista, nemmeno un terrorista in erba, neanche qualche accenno allapplicazione della sharia. Insomma: «È un tentativo di manipolare gli americani, per fare ignorare la minaccia della jihad». Perché come possono essere dei fondamentalisti, quei simpatici ragazzi sullo schermo? Così brave persone, troppo brave persone. Per risultare interessanti, soprattutto. Infatti gli ascolti del reality sono a picco e così il FrontPage magazine, che fa capo al conservatore David Horowitz ha gioco libero: «Nemmeno i liberal vogliono guardarlo». Certo poi nessuno ha il coraggio di dirlo, per non passare da antimusulmano. Ma mentre «la propaganda negativa può essere divertente, la propaganda negativa è stucchevole».
Dallo sbadiglio alla controversia, All-American Muslim, in qualche modo, è riuscito a fare parlare di sé. Tanto che alcuni inserzionisti hanno deciso di ritirare gli spot durante il programma. Come Lowe, catena di articoli per la casa e fai da te: «Sappiamo che ha suscitato dubbi e lamentele». Di fatto la Florida Family Association ha chiesto esplicitamente il ritiro delle pubblicità da parte di una sessantina di società, anche se solo poche - come Lowe - hanno seguito linvito. Ma forse qualcuno ci penserà da solo, visti i risultati di audience. Anche fra il pubblico di fede musulmana: perché perfino da lì sono arrivate le critiche (lo racconta il liberalissimo Guardian). Infastidisce il titolo, All-American Muslim, ma quali tutti? Quelle sono famiglie di origine libanese, quindi afroamericani, asiatici del Sud est, sunniti sono esclusi. E poi cè chi si lamenta che quegli islamici, che ai cristiani ultraconservatori appaiono troppo buoni, in realtà non siano abbastanza perfetti, trasgrediscano troppo le regole e alla fine offrano una brutta immagine della loro religione. Non è male: un solo programma, per scontentare tutti. Con due eccezioni. Il comico Jon Stewart, che nel Daily Show ha preso di mira il reality («il più noioso che si possa immaginare») e le critiche, entrambi surreali.
Nessuno vuole il reality islamico
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