Politica

Nichi e Cavaliere: il doppiopesismo di toghe e politici

Scudi a intermittenza: si levano se a criticare i pm che indagano su di lui è Berlusconi. Ma nessuno ha reagito agli attacchi di Emiliano e Vendola

Anche gli strilli vanno in vacanza. Non lo sapevamo, adesso è chiaro: pure i giudici riposano, esattamente come gli operai e gli impiegati. E pure loro protestano contro i potenti. Ma a intermittenza, come un tergicristallo. C’è un tempo per parlare, quando è Berlusconi ad attaccare le toghe, ed uno per tacere, se sono Vendola ed Emiliano a menare fendenti. Due stagioni, o forse, due pesi e due misure. Se sente il nome del Cavaliere, l’Associazione nazionale magistrati reagisce con riflessi pavloviani, il Consiglio superiore della magistratura si schiera a testuggine, il cosiddetto partito dei giudici si mobilita. Interviste intinte nell’inchiostro dell’indignazione, minacce di sciopero, richieste di colloqui istituzionali, sedute plenarie ad oltranza a Palazzo dei Marescialli e via elencando con tutto l’agguerrito arsenale a disposizione della magistratura italiana. Adesso, però, nel mirino dei Pm di Bari c’è la sinistra e da quelle parti non sono rimasti in rispettoso silenzio ad attendere.
Anzi, hanno aperto il fuoco con l’intenzione di far male. Ha cominciato il sindaco di Bari Michele Emiliano, che fra l’altro è un ex Pm, e proprio sul suo curriculum il politico pugliese ha giocato suggestivamente per fare a pezzi i colleghi che faticosamente indagano sul malaffare pugliese: «Scommetto - ci spiega Emiliano - che questa inchiesta al contrario di quella che riguarda le escort finirà nel nulla». Chiaro? Altro che Cavaliere eversivo ed eversore. Ma a Emiliano non basta. Questi magistrati - prosegue lui, atteggiandosi a primo della classe - non sono abituati a questo tipo di indagine».
Parole pesanti che chiunque intenderebbe per quel che sono: un tentativo di delegittimazione. A questo punto, secondo un copione collaudato, dovrebbero arrivare i nostri, ovvero la cavalleria del Csm, dell’Anm, e delle vestali dell’informazione, con il loro impressionante corredo di dotti pareri, proclami sugli scudi e articoli a caratteri cubitali serviti da Repubblica, L’espresso e magari pure Micromega. Invece, il fuoco di sbarramento è poca cosa: un brodino caldo. Un rituale stanco che si ripete con Vendola: il Governatore liquida il Pm che sta scuotendo come un albero la sua giunta come fosse un drone pilotato e strumentalizzato da altri: «La sua indagine, dottoressa Digeronimo (nel tondo), sta diventando, suo malgrado, lo strumento di una campagna politica e mediatica che mira a colpirmi». Vendola è apocalittico: «Qualcuno sta costruendo la mia morte». E insieme è allusivo: «La prima anomalia è che la Digeronimo non abbia sentito il dovere di astenersi» perché «la sua rete di amici e parenti le impedisce di svolgere con obiettività questa inchiesta».
Il carosello delle repliche dovrebbe scatenarsi subito. Travolgente e fragoroso. Invece no: basta qualche frasetta striminzita, dettata da un ombrellone lontano: «I politici coinvolti nelle indagini - afferma il segretario dell’Anm Luca Cascini - dovrebbero dare l’esempio ai cittadini accettando serenamente lo svolgimento del processo». Altrimenti? Pazienza. Vendola non merita nemmeno l’editorialuccio di un qualche giornalista democratico, uno di quelli col binocolo sempre puntato sul Cavaliere. Solo silenzi ed amnesie. Tanto che ci vuole l’intervento del vicepresidente del Csm Nicola Mancino per ricordare alla Prima commissione che, volendo, potrebbe pure aprire una pratica a tutela della Digeronimo. Strano. Quando c’è il Cavaliere gli allarmi suonano in automatico.

Se di mezzo ci sono altri potenti, hanno tutti la testa girata dall’altra parte.

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