«Niente aiuti, ma avanti con gli sgravi fiscali»

In tempi di crisi economica si assiste spesso a rinascite culturali. Ma anche se le idee hanno bisogno di denari, questo periodo impone di razionalizzare le risorse. Detto ciò, rimane aperta una questione di non poco conto: può una buona politica limitarsi ai tagli e alle razionalizzazioni? Certamente no; dunque, anche per la cultura occorre fare altro. E altro si è già fatto. Se lo spettacolo dal vivo fatica più degli altri settori a convertirsi a una gestione più orientata al mercato, anche se la soluzione è contenuta nella proposta di legge quadro presentata da me e che ha ottenuto l’adesione di maggioranza e opposizione, il settore cinematografico, al contrario, è stato in questi anni un laboratorio avanzato di soluzioni alternative all’assistenzialismo. Dal 2004, con la cosiddetta «riforma Urbani», il sostegno pubblico al settore cinematografico si è trasformato in un finanziamento selettivo, accordato dallo Stato anche in base a criteri di sostenibilità commerciale dei film e delle società proponenti. I nuovi meccanismi hanno ridotto i contributi dello Stato e aumentato il numero dei film in grado di restituire i finanziamenti ricevuti: ad esempio, i film di interesse culturale usciti in sala dal 1 gennaio 2009 al 30 maggio 2010, rispetto ad un contributo assegnato di 54,8 milioni, hanno avuto un risultato di botteghino pari a 54,1 milioni; sommando anche gli introiti degli altri canali distributivi è evidente che i film selezionati dal Ministero incontrano il favore del pubblico e rispondono ai requisiti di sostenibilità economica.
Ma il Cinema italiano è un esempio virtuoso di come lo Stato dovrebbe sostenere la cultura anche per un’altra importantissima novità: dal 2009, e con retroattività al giugno 2008, grazie alla sottoscritta e al senatore Bordon, è stato introdotto un pacchetto di agevolazioni fiscali all’avanguardia. Il sostegno alla produzione e alla distribuzione dei film oggi può contare su crediti d’imposta e detassazione di utili secondo uno schema preso a modello nel resto d’Europa. Negli Stati Uniti, ogni Stato offre incentivi fiscali per attrarre le produzioni nazionali e straniere; anche in Europa, Francia, Germania e Regno Unito offrono da tempo vantaggi fiscali.
L’Italia ha colmato il gap solo di recente ma lo ha fatto con un pacchetto di misure fortemente innovativo. Le agevolazioni fiscali segnano un passaggio storico nel cambio di mentalità dell’aiuto pubblico al Cinema: quello dal contributo diretto a incentivi indiretti orientati al mercato. In primo luogo, i crediti d’imposta e la detassazione di investimenti nel cinema si pongono come un’alternativa al finanziamento pubblico tradizionale. Ancora più importante: le agevolazioni fiscali rappresentano un ponte con il mercato degli investitori e delle banche; le norme introdotte, infatti, prevedono agevolazioni fiscali anche per imprese estranee al cinema e per le banche che investono nei film. Si tratta di misure che, facilitando l’incontro tra il Cinema e i finanziatori esterni, consentono allo Stato, nel medio periodo, di ridurre il peso dei contributi diretti senza abbandonare la cultura a se stessa.
Da giugno 2008 il mondo del cinema è ricorso a crediti d’imposta per circa 114 film, chiedendo benefici per circa 48 milioni di euro. Questo ha consentito allo Stato di ridurre i contributi diretti alla produzione dai 46,5 milioni del 2007 ai 36,5 del 2009.
Per lo Stato, le agevolazioni fiscali concesse si traducono solo inizialmente in una mancata entrata di imposte; l’effetto netto per le casse pubbliche, infatti è positivo. Vi concorrono sia le maggiori entrate derivanti dall’aumento delle produzioni cinematografiche nazionali, sia le produzioni straniere che tornano a girare in Italia generando reddito sul nostro territorio. Solo nel 2009 sono giunte in Italia, grazie alle agevolazioni fiscali, 7 importanti produzioni straniere; di queste, due tra le maggiori produzioni americane hanno speso da sole più di 30 milioni di euro. Nel complesso, è stato calcolato che annualmente, a fronte di minori entrate per 77 milioni di euro, l’effetto indotto porterebbe maggiori entrate per 173 milioni, generando per lo Stato un saldo netto positivo di circa 131 milioni. Gli incentivi fiscali, dunque, non solo aiutano il Cinema ma trasformano il settore da un comparto industriale assistito in un settore che genera profitto per lo Stato.
Ecco perché la finanziaria deve contenere il rinnovo di queste misure in scadenza nel 2010 e, velocemente estendere queste misure che, opportunamente adattate sono contenute nella mia proposta, anche allo spettacolo dal vivo. Non farlo non significherebbe solo penalizzare il Cinema e la cultura ma, in primo luogo, togliere allo Stato una possibilità di guadagno.

Il cambio di mentalità degli operatori culturali deve essere affiancato da un cambio culturale dello Stato che deve vedere nella cultura una opportunità di business: solo così tra Bondi e Tremonti possono tornare i conti.
* Responsabile nazionale dipartimento spettacolo PDL

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