Niente avvocati della corte inglese ma sale la febbre per «The Queen»

Michele Anselmi

da Venezia

Si vede, per dirne una, il principe Filippo in pigiama che, svegliato da una telefonata, ancora prima di sapere che Lady Diana è spirata, protesta: «Cos'altro ha combinato, stavolta?». Più tardi, quando le cose si complicano, esploderà in un poco commendevole: «Questa qui ci provoca più guai da morta che da viva». Stando così le cose, come meravigliarsi che The Queen, il film di Stephen Frears oggi in concorso, sia uno dei più attesi della Mostra? Quasi dieci anni fa, nella notte fra il 30 e il 31 agosto 1997, la sventurata ex principessa perse la vita andandosi a sfracellare in un tunnel parigino con l'amante Dodi al Fayed e l'autista Henri Paul. L'emozione fu enorme, il compianto generale, politicamente trasversale. Naturale, quindi, che i tabloid britannici, abbiano deciso di calare in massa al Lido per misurare sul campo l'impatto del film, in un rincorrersi di notizie, non tutte verificabili. Si parla, infatti, di emissari della Corona partiti da Londra alla ricerca di dettagli lesivi dell'immagine reale, di avvocati inglesi pronti a bloccare legalmente l'uscita di The Queen nelle sale (ma Buckingham Palace in serata ha fieramente smentito), di avvocati italiani mobilitati dalla Bim, che distribuisce dal 15 settembre in 100 copie, per studiare contromosse legali in caso di querele.
Di sicuro una pacchia per il re dei press-agent, Enrico Lucherini, chiamato dal distributore Valerio De Paolis a organizzare l'evento veneziano, puntando sul clamore che la vicenda continua ad alimentare (è di pochi giorni fa la pubblicazione delle foto-shock di Lady D morente). Naturalmente un film del genere non sarebbe approdato alla Mostra se non l'avesse firmato Stephen Frears, il regista di Le relazioni pericolose. E dovete sapere che The Queen prende spunto dalla fine di Lady D per raccontare altro, e cioè «la contrapposizione tra l'antiquato formalismo del mondo dei Reali, nella ruvida cornice della campagna scozzese di Balmoral o nelle sontuose stanze di Buckingham Palace, e la disinvolta modernità del neo-eletto primo ministro Tony Blair e del suo entourage di scaltri consulenti» (parola della produttrice Christine Langan, per conto dell'emittente inglese Granada). In sostanza, uno splendido spot pro Blair: il giovane premier laburista, incarnato da Michael Sheen, ne esce infatti come un fine statista, capace di sintonizzarsi sulle onde dell'emozione popolare, così da convincere la regina Elisabetta, sulle prime fredda e stizzita, a partecipare al lutto collettivo, salvando in definitiva l'immagine della Corona contro il parere della moglie Cherie, antimonarchica.
I protagonisti Helen Mirren e James Cromwell non hanno bisogno di presentazioni, e basterebbe sfogliare le fotografie per apprezzarne l'abilità mimetica nei rischiosi ruoli di Elisabetta e Filippo. Pochi gli inserti, quasi tutti filmati d'archivio, riguardanti Lady Diana, a vantaggio di uno sguardo inedito, familiare e intimo, sulla vita dei Reali. Come sapete, the Queen ha annunciato sdegnosamente: «Non lo vedrò mai».

Magari, in privato, cambierà idea, e pure si piacerà nella raffigurazione casalinga che ne dà il film. Del resto, ci sarà pure un motivo, per dirla col sarcastico Frears, se in Inghilterra è andato a ruba un libro intitolato Perché gli uomini sognano la Regina?.

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