Politica

«Niente leggi, l’unione gay è questione privata»

Andrea Tornielli

da Roma

Il cardinale Camillo Ruini, come previsto, ha «bocciato» i «patti di convivenza civile» proposti in Parlamento da diversi esponenti del centrosinistra e sostenuti anche da Romano Prodi. Lo ha fatto nella prolusione tenuta ieri pomeriggio al Consiglio permanente della Cei, citando la Costituzione e le sentenze della Consulta secondo le quali «la convivenza more uxorio non può essere assimilata alla famiglia, così da desumerne l’esigenza di una parificazione di trattamento». Il cardinale non ha escluso che di fronte a «esigenze specifiche» non si possano studiare nuove norme per la tutela dei «rapporti reciproci». A patto però si rimanga nell’ambito dei diritti e doveri delle persone, evitando qualsiasi similitudine con il matrimonio.
Il presidente dei vescovi ha innanzitutto ribadito, con le parole di Benedetto XVI, che «matrimonio e famiglia non sono una costruzione sociologica casuale, frutto di particolari situazioni storiche ed economiche» ma sono radicati «nell’essenza più profonda dell’essere umano». Ha ricordato che proprio Papa Ratzinger lo scorso 6 giugno aveva bollato le unioni libere e «lo pseudo-matrimonio tra persone dello stesso sesso» come espressioni «di una libertà anarchica».
Il cardinale ha quindi sottolineato il «grandissimo ruolo sociale svolto dalla famiglia» in Italia, un ruolo maggiore che in altri Paesi a noi vicini. «Il paradosso della nostra situazione - ha aggiunto il presidente della Cei - è che il sostegno pubblico alla famiglia in Italia è invece molto minore, meno moderno e organico, pur in presenza di una gravissima e persistente crisi della natalità che sta già provocando, e causerà assai di più in futuro, ingenti danni sociali. Il sostegno alla famiglia legittima - ha detto - dovrebbe essere dunque la prima e vera preoccupazione dei legislatori».
Ruini ha poi spiegato che le unioni libere sono sì in aumento, «ma esse, oltre ad essere almeno in parte provocate da difficoltà oggettive a dar vita a una famiglia che potrebbero essere rimosse con pubblici interventi adeguati, non sottintendono automaticamente alcuna richiesta di riconoscimento legale». Al contrario, la grande maggioranza delle unioni tra persone di sesso diverso nasce in vista di un futuro matrimonio, oppure vuole restare in una posizione di anonimato senza vincoli. Per quanto riguarda le coppie gay, molto meno numerose, il cardinale ha detto che anche in questo caso non sempre esse cercano «riconoscimenti legali: anzi, molte di loro ne rifuggono per principio e desiderano rimanere un fatto esclusivamente privato». La conferma viene dai «numeri davvero minimi» delle iscrizioni ai registri delle unioni civili in quei Comuni che li hanno istituiti.
Un altolà forte e chiaro della Chiesa, dunque, alle varie proposte di legge al nostro Parlamento e che si richiamano ai patti di convivenza francesi. «Al di là del nome diverso e di altre cautele verbali», ha sottolineato il presidente della Cei, «esse sono infatti modellate in buona parte sull’istituto matrimoniale e prefigurano quello che si potrebbe chiamare un “piccolo matrimonio”: qualcosa cioè di cui non vi è alcun reale bisogno e che produrrebbe al contrario un oscuramento della natura e del valore della famiglia e un gravissimo danno al popolo italiano».
Ma Ruini ha anche lasciato aperto uno spiraglio per soluzioni che nulla abbiano a vedere con il matrimonio. «Per quelle unioni che abbiano desiderio o bisogno di dare una protezione giuridica ai rapporti reciproci - ha concluso il porporato - esiste anzitutto la strada del diritto comune, assai ampia e adattabile alle diverse situazioni. Qualora emergessero alcune ulteriori esigenze specifiche e realmente fondate - ha aggiunto - eventuali norme a loro tutela non dovrebbero comunque dar luogo a un modello legislativamente precostituito e tendere a configurare qualcosa di simile al matrimonio, ma rimanere invece nell’ambito dei diritti e doveri delle persone. Esse pertanto dovrebbero valere anche per convivenze non di indole affettivo-sessuale».
In un passaggio precedente della prolusione Ruini aveva citato l’esito del referendum sulla fecondazione osservando come l’invito al non voto era «in sintonia con il sentire della grande maggioranza della nostra gente». Una sintonia che la Chiesa ritiene esista anche nel caso della legalizzazione delle coppie gay. Nell’articolato discorso al «parlamentino» della Cei, il cardinale ha infine assicurato ancora una volta che la Chiesa si atterrà «senza incertezze» alla linea del non coinvolgimento «con scelte di schieramento politico o di partito». E che richiamerà invece ai credenti e a tutti i principi della dottrina sociale che non riguardano «interessi cattolici» ma il bene dell’uomo.

Ruini ha quindi auspicato «un qualche livello di intesa» per «raffreddare» i contrasti tra le istituzioni in merito alla riforma dello Stato e sul caso Fazio si è limitato a chiedere che finisca «l’abuso» della pubblicazione delle intercettazioni.

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