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Niente pensione a chi uccide il coniuge

P rendetela come la proposta di legge più incredibile, vuoi per quanto voleva introdurre nel nostro ordinamento, o più banalmente per la scoperta di un buco assurdo. È stata presentata il 29 ottobre 2007 da Giampiero Catone, della Dc rotondiana, col sostegno di altri 20 deputati per lo più di centrodestra.
Il capitolato di legge è composto di un solo, stringato articolo: «Nell’ipotesi di uxoricidio il coniuge superstite non ha diritto al trattamento pensionistico di reversibilità». Se e quanto sarebbe necessaria una tal legge? Catone nella sua relazione spiega che la reversibilità della pensione è sceverata in tutti i suoi aspetti, da mille leggi e regolamenti, ma ci si è sempre «dimenticati» di non premiare i vedovi/e volontari/e, pur se le assicurazioni non pagano quando a uccidere è stato proprio il coniuge. E cita alcuni casi clamorosi, tra i quali quello di Perugia, «dove un uomo, condannato a trent’anni per aver ucciso nel 2003 la moglie, gode dell’80% della pensione di reversibilità, mentre il figlio minore della vittima solo del 20%».


Ma è proprio certo Catone, dell’esistenza di un «vuoto legislativo» da colmare? Gli risulta che l’uxoricida sia totalmente escluso dall’asse ereditario? Tant’è che la sua proposta, dopo tre mesi è stata finalmente assegnata «in sede referente» alla commissione Lavoro. Guarda tu, proprio il 23 gennaio scorso. Un giorno prima che la caduta del governo mettesse in mora l’attività parlamentare.

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