Roma

«Niente prove sulle responsabilità di Nabil»

Quella notte erano insieme sulle rive del Tevere, si piacevano e lei accettò di fumare l’hashish che gli offrì l’amico marocchino da poco conosciuto a piazza di Spagna. Fin qui, nessun dubbio.
I giudici della quarta sezione del Tribunale che hanno assolto Nabil Benyahya dall’accusa di aver provocato la morte di Vera Heinzl, la turista tedesca scomparsa a Roma il 19 agosto del 2004, i dubbi li hanno invece su quello che accadde alla ragazza subito dopo. Perché, come scrivono nelle 32 pagine con cui hanno motivato la sentenza dello scorso maggio, non c’è alcuna prova che Nabil abbia avuto una qualche responsabilità nella morte della giovane, il cui cadavere venne restituito dal fiume il 20 agosto di due anni fa. Di qui la decisione di non condannare il marocchino, come invece chiesto dalla Procura, per il reato di «morte come conseguenza di altro delitto», qualificando il suo comportamento come omissione di soccorso: quattro anni, sei mesi e dieci giorni di reclusione (anche per cessione di stupefacenti e per violenza sessuale nei confronti di una studentessa romana). Nonostante tutto, la decisione dei giudici non deve aver soddisfatto Nabil, che lo scorso agosto è evaso dagli arresti domiciliari per essere bloccato subito dopo al confine con la Francia. Ora è rinchiuso nel carcere di Torino in attesa di essere trasferito in una struttura penitenziaria della capitale. Ecco cosa scrivono i giudici: «Non potendosi riscontrare un’autonoma e rilevante efficienza causale, rispetto all’evento morte, nella condotta illecita posta in essere dall’imputato - condotta costituita unicamente dalla cessione di sostanza stupefacente e non anche dall’induzione all’assunzione di alcool - non essendo emerso che sia stato Nabil a offrire a Vera vino o altra bevanda alcoolica, così da non potersi considerare quell’evento come conseguenza non voluta ma in concreto prevedibile di altro delitto, non sembra possibile attribuire al Benyahya la responsabilità della morte di Vera Heinzl». Per i giudici, invece, Nabil, dopo essersi reso conto che Vera non era in grado di provvedere a se stessa, avrebbe dovuto aiutarla o chiedere aiuto. Niente di tutto ciò è stato fatto. Il marocchino, al contrario, si sarebbe limitato - secondo quanto da lui raccontato ai magistrati - ad accompagnare e lasciare la giovane, che gli aveva detto di voler andare a dormire, nei pressi di piazza Navona.


Soddisfatto l’avvocato Domenico Naccari: «Sentenza motivata in modo ineccepibile».

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