Niente scuse, da noi si legge meno che nei Paesi civili

Caro Granzotto, martedì scorso il lettore Marco Luglio lamentava per l’ennesima volta che gli italiani non leggono. Nella sua risposta, giustamente il direttore ha puntato il dito contro lo sfascio della scuola. Però mi par giusto ricordare - e l’ho scritto anche nel mio libro «Doveroso elogio degli italiani» (Bur, 2001) - che le statistiche andrebbero lette in modo non settoriale. Per esempio, è vero che la Svezia consuma più libri di noi, ma ha anche un tasso di suicidi e alcolismo di tutto rispetto. Dunque, la «qualità della vita» non si misura solo coi libri letti. Poi, al Nord (anche quello più vicino, come l’Austria) d’inverno i negozi chiudono alle 16 per il troppo freddo e la gente sta in casa a leggere. Anche perché non ha un’«offerta» televisiva imponente come la nostra. Da noi, tra l’altro, c’è più carta stampata periodica che non, per esempio, in Germania e in Inghilterra. Ancora: in Spagna il clima e il sole incoraggiano la «movida» notturna; i danesi, invece, devono starsene al chiuso.

Luoghi che incoraggiano la lettura sono anche i treni pendolari: ma da noi col metrò, per esempio, al massimo in mezz’ora si arriva a destinazione, neanche il tempo di aprire il libro. Non è che ’sta storia degli italiani che non leggono l’hanno tirata fuori gli editori per farsi ridurre le tasse?

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