Nigeria, il maltempo ritarda il rilascio dei tecnici italiani

Con un messaggio inviato al «Giornale» il Mend aveva gararantito ieri pomeriggio la liberazione degli ostaggi

«Oggi rilasceremo gli ostaggi, come promesso». Il messaggio di posta elettronica di Jomo Gbomo, portavoce del Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger (Mend), è arrivato ieri poco dopo le 17 al Giornale. I guerriglieri avevano sequestrato lo scorso 1° maggio sei dipendenti della Chevron, gli italiani Raffaele Pascariello, Alfonso Franza, Luca Ignazio Gugliotta e Mario Celentano, oltre all’americano John Stapleton e il croato Jurica Ruic. Subito dopo il rapimento avevano promesso, con un comunicato, di rilasciare gli ostaggi il 30 maggio, il giorno dopo l’insediamento del nuovo presidente della Nigeria, Umaru Yar’Adua, eletto con un voto considerato «non credibile» dagli osservatori internazionali. I lavoratori della Chevron erano stati sequestrati durante un assalto a una nave-piattaforma della società petrolifera nel Delta del Niger.
I familiari degli ostaggi attendono con ansia la buona notizia, e ieri il padre e la moglie di Luca Gugliotta sono partiti per Roma. I guerriglieri del Mend hanno sempre mantenuto le loro promesse, anche se talvolta le liberazioni annunciate sono slittate di qualche ora o di giorni. In questo caso il rilascio sarebbe stato ritardato dal maltempo, anche se non è escluso che si tratti di un pretesto dietro cui si nasconde un braccio di ferro tra le fazioni moderate e oltranziste dei guerriglieri.
Celentano, 40 anni e due figli, vive a Meta di Sorrento, Franza, 46 anni, e Pascariello, 45 anni, sono originari di Piano di Sorrento. I tre campani lavorano da anni per la compagnia petrolifera americana Chevron, quasi sempre in Nigeria. Gugliotta, invece, è originario di Pozzallo, in provincia di Ragusa. Primo ufficiale di una petroliera, 34 anni, avrebbe dovuto tornare in Sicilia a metà maggio. A casa ha lasciato due figli di 4 e 5 anni, oltre alla moglie Grazia, con la quale aveva parlato al telefono poche ora prima di essere rapito. Il genitore, ex comandante della marina mercantile, si era messo in contatto con Cosma Russo, uno dei tre italiani rapiti lo scorso dicembre dal Mend e rilasciati dopo mesi di detenzione, che lo ha assicurato sul fatto che i ribelli trattano bene gli ostaggi.
La situazione in Nigeria, Paese ricco di petrolio, è molto difficile. Manifestanti della regione meridionale di Ogoni hanno sabotato uno dei principali oleodotti che alimentano il terminal della Royal Dutch Shell. L’azienda è stata costretta a tagliare le esportazioni di 150mila barili di greggio al giorno. I manifestanti fanno parte della tribù K-Dere, e lunedì scorso hanno invaso il centro di Bomu Manifold, alterando alcune attrezzature dell’oleodotto e costringendo la Shell a sospendere le operazioni. «Siamo arrabbiati perché ci avevano promesso dei contratti, ma non abbiamo visto nulla», dicono i giovani sabotatori. Le popolazioni che vivono nelle zone ricche di petrolio accusano le grandi compagnie internazionali di far poco per migliorare le condizioni di vita dei locali, anche se in realtà vengono spesso costruite strade, ponti e infrastrutture per tenersi buone le tribù. Il Mend è sorto proprio per questi motivi, in un Paese che dovrebbe essere ricchissimo grazie alle risorse naturali, ma è invece preda di un’insanabile corruzione. Secondo il quotidiano nigeriano The Day, 350 miliardi di euro pubblici sarebbero spariti nelle tasche degli amministratori nigeriani dall’indipendenza del 1960.
La recente ondata di attacchi contro gli impianti e i sequestri di dipendenti stranieri ha provocato un calo di circa un quarto delle esportazioni di greggio dalla Nigeria, primo produttore del continente africano.


La situazione nel Delta del Niger si complica: il governo locale che arma e finanzia i miliziani di certe tribù per liberare gli ostaggi stranieri catturati da altre. Il Mend minaccia di «distribuire nel Delta armi ai gruppi più piccoli per difendersi dalle aggressioni» allargando il fronte del conflitto.

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