Il no di Floris e la fuga di Severgnini: quell'antigiornalismo senza aplomb

Qualche attenuante la si può concedere a Giovanni Floris e forse anche a Beppe Severgnini. Il momento politico è turbinoso. Gli animi sono surriscaldati. E la tensione è palpabile, perché ogni momento può essere quello dell’auspicata capitolazione. Così, nell’eccitazione di queste ore, conservare lucidità e nervi saldi può essere difficile, c’è da capirli. Però c’è un però. Proviamo a pensare che figurone avrebbe fatto un paziente Floris a raccogliere - chissà, chi può dirlo - l’ennesimo sfogo in diretta del premier. O magari poteva essere una notizia, un annuncio? Non lo sappiamo, non lo sapremo. E che dimostrazione di aplomb anglosassone avrebbe dato Severgnini restando a confrontarsi con la tesi di Matrix sull’«accanimento» dei giudici milanesi contro Silvio Berlusconi? Parliamo di giornalisti navigati, di grandi firme, di anchorman abituati a catalizzare milioni di telespettatori. Lo sanno di certo: in momenti come questi l’unica bussola per districarsi nel ginepraio della politica e delle inchieste, dello scontro tra poteri e del gossip più o meno letale è attaccarsi al proprio mestiere. Alla semplice regola della notizia. Alla disponibilità al dibattito con chi la pensa in altro modo. Lo diciamo senza voler dare lezioni a nessuno: sembra un’ovvietà. Invece.
Mettiamo che, in chiusura di un seguitissimo talk show, al culmine di una delle giornate politiche più accidentate della storia recente, Silvio Berlusconi reduce da un faccia a faccia con Napolitano, accerchiato e invitato da più parti a dimettersi telefoni per intervenire, magari per protestare su qualcosa che non gli è andato a genio. È giornalismo rimbalzarlo indietro? È essere sulla notizia rinviarlo alla prossima puntata in studio? «Un ultimo particolare - lo ha chiamato così Floris il tentativo del premier - ha telefonato Silvio Berlusconi... Però noi l’avevamo invitato... Poi dopo l’ultima esperienza... Lo aspettiamo martedì prossimo... Gli abbiamo detto se viene direttamente lui senza...». Testuale. Intanto si aggirava per lo studio alla ricerca dei fogli per dare l’ultimo avviso sul pagamento del canone che scade - come ogni anno e come ognun sa ma non il conduttore in quel momento - il 31 gennaio. Si era alla fine del Ballarò che aveva volteggiato per tutto il dopocena attorno al caso Ruby e intercettazioni annesse, ma Berlusconi non ha potuto dire la sua. Dopo le inevitabili polemiche, dal suo sito Floris ha fatto sapere di non essere pentito («Abbiamo pensato che fosse meglio fare così»), rintuzzando ripensamenti e magari il rigurgito di curiosità che attanaglia quasi tutti i giornalisti dopo che hanno lasciato cadere un’occasione che chissà come avrebbe potuto rivelarsi.
Qualche minuto dopo, altro canale altro gran rifiuto. Ospiti di Matrix ci sono il ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna, Paola Concia del Pd e Francesco Sisto del Pdl, in collegamento Vittorio Sgarbi e, da Milano, Beppe Severgnini, editorialista del Corriere della Sera. Nell’editoriale Alessandro Banfi parla dell’«accanimento» dei giudici milanesi contro Berlusconi e dice che «se questo governo cadrà e si andrà a elezioni... sarà per un’inchiesta penale com’è accaduto troppe volte in questi quindici anni». Al ritorno in studio, però, Alessio Vinci annuncia con rammarico che, senza dire nulla, Severgnini ha abbandonato la trasmissione.

C’entrerà qualcosa il fatto che Banfi ha citato a lungo l’articolo in cui Piero Ostellino criticava l’invasività delle indagini della Procura di Milano, mentre Severgnini si è schierato con i magistrati? Never complain, never explain (mai lamentarsi, mai dare spiegazioni), replica Severgnini.
Chissà che figurone, chissà che aplomb. Un ultimo particolare, direbbe Floris. Alè.

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