«No a kebab e ristoranti etnici nei centri storici»

Anche sui kebab è guerra dei numeri. C’è chi dice siano 350, chi ne conta 500 e chi, esagerato, all’ombra della Madonnina ne vagheggia di mille e passa. Al di là delle cifre, stavolta c’è però una certezza: «Spariranno dal centro di Milano». Virgolettato che non ammette repliche, quello firmato da Davide Boni, assessore al Territorio e urbanistica della Regione Lombardia. E che, giusto per capirci, è estrema sintesi delle modifiche alla legge 12 del 2005, dove all’articolo 25 l’amministrazione lombarda consente ai Comuni di «vietare la localizzazione di attività suscettibili di determinare situazioni di disagio a motivo della frequentazione costante e prolungata dei luoghi». Traduzione: il sindaco Letizia Moratti può individuare nel piano regolatore vigente un’area, un ambito territoriale off limits per kebab and company.
Una decisione che, peraltro, garantisce pure una difesa dell’identità territoriale e culturale: «Basta gironzolare per il centro del capoluogo e scoprire come negozi artigianali e tradizionali, milanesi e lombardi, siano stati sostituiti con troppa facilità, da kebab e negozi etnici che nulla hanno a che vedere con le radici storico-culturali del nostro centro storico» aggiunge Boni. Evidente, poi, che quella modifica - sempre su scelta della giunta Moratti - può applicarsi anche su altre aree di Milano, magari in quei punti della città dove «attorno ad alcuni esercizi commerciali si concentrano problemi di ordine pubblico, così come abbiamo peraltro riscontrato anche per i centri di telefonia, i cosiddetti “phone center”» aggiunge l’assessore Boni. Chiaro a tutti che, naturalmente, nel «tentativo di tutelare al meglio i nostri centri storici, si devono porre dei paletti sempre più rigidi, non solo a livello normativo ma anche sanitario».
E qui entra in scena il via libera alla legge regionale sulle attività artigianali di vendita alimentare che, di fatto, «colma un vuoto legislativo» (Daniele Belotti, Lega) e non impedisce «il consumo di un gelato o di un trancio di pizza all’esterno dei locali, bensì vieta l’installazione di arredi, tavolini e ombrelloni, atti a permetterne il consumo» (Carlo Saffiotti, Pdl). In altri termini, è la «prevenzione con sanzione di situazioni di disturbo e di inadempienza». Decisione che trova il plauso della Fipe, federazione italiana pubblici esercizi: «Bene ha fatto la Regione ad approvare questi provvedimenti» chiosa Lino Stoppani, presidente Fipe Lombardia, «se il mercato è lo stesso per tutti, allora anche le regole devono essere uguali per tutti». E le «regole» da rispettare sono «quelle delle problematiche igienico-sanitarie, della sicurezza e del lavoro».
«Regole» che in soldoni, non limitano né il diritto dei consumatori a ingozzarsi di kebab piuttosto che di gelati né tantomeno fissano un coprifuoco. «Lo smentiamo in modo netto» sostengono all’unisono Belotti&Saffiotti: «La chiusura è fissata all’una di notte e non più tardi, salvo deroghe decise dai Comuni, mentre le multe per inosservanza non sono date ai clienti bensì ai negozianti».

Insomma, per dirla papale papale, le accuse sollevate da Pd, Verdi e Italia dei Valori sono «strumentali» poiché così si creano le condizioni di maggior sicurezza che vanno a favore pure dei residenti che troveranno anche un luogo maggiormente ordinato e pulito». Sperando che il kebab non sia di carne avariata. Ma questa è un’altra storia.

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