«No al legittimo impedimento» Dai pm nuovo attacco anti-Cav

Milano «È incostituzionale». Depurata dalle subordinate e dalle circonlocuzioni, è questa la valutazione della legge sul «legittimo impedimento» messa a verbale ieri da Fabio De Pasquale, il pm che sostiene l’accusa contro Silvio Berlusconi nel processo per i diritti tv. La norma approvata dal Parlamento e controfirmata - nonostante pressioni e polemiche - dal presidente della Repubblica, non può e non deve, secondo De Pasquale, consentire al Cavaliere di rinviare sine die i suoi processi. Per questo il pm sottopone al tribunale che sta celebrando il processo una alternativa secca: o andare avanti come se niente fosse, considerando la nuova norma alla stregua di un suggerimento o poco più; oppure mandare tutto a Roma perché sia la Corte Costituzionale ad azzerare la legge come già fece con il Lodo Alfano, quello che congelava i processi alle alte cariche dello Stato.
Che l’intendimento della Procura milanese fosse quello di andare a un nuovo scontro frontale con il potere legislativo era ormai di dominio pubblico. E ieri, alla ripresa di uno dei due processi in corso a Milano contro Berlusconi, ecco che lo scontro viene ufficializzato. I difensori del premier, Niccolò Ghedini e Piero Longo, consegnano al tribunale una lettera su carta intestata di Palazzo Chigi: è l’annuncio dell’«impedimento continuativo» che attende Berlusconi nei prossimi mesi e che rende di fatto impossibile una sua presenza in aula. Una lunga serie di impegni nazionali e internazionali, tale che le uniche date in cui il premier potrebbe essere in aula sono il 21 e il 28 luglio. Nella lettera, firmata da Manlio Strano, segretario generale della presidenza del Consiglio, si fa esplicito riferimento all’entrata in vigore della norma sul legittimo impedimento.
La reazione della Procura non si fa attendere. De Pasquale premette di voler fornire una «analisi neutra, non condizionata dal dibattito politico veicolato dalla stampa». Poi va all’attacco, a partire dal mittente della lettera, «è possibile che il potere giudiziario debba limitarsi a prendere atto di quello che ci dice un funzionario?», chiede. E sostiene che la nuova norma in realtà si limiterebbe a fornire delle interpretazioni generiche, senza stabilire quali siano gli impegni istituzionali che si traducono in «assoluta impossibilità» di partecipare alle udienze. Una interpretazione riduttiva cui lo stesso De Pasquale, in realtà, crede poco. Tant’è vero che poi parte con l’offensiva reale: se invece si ritiene che la nuova legge detti modi e tempi per cui la giustizia deve cedere il passo alla politica, allora è incostituzionale. E indica al tribunale gli articoli della Carta repubblicana con cui la norma contrasterebbe: il 101, secondo cui «i giudici sono soggetti soltanto alla legge»; e il 138, che per le modifiche alla Costituzione prevede maggioranze e procedure eccezionali, che in questo caso non sono state applicate.
Si oppone, e anche questo era previsto, Ghedini: la legge, dice, si limita a definire meglio «quelli che sono gli impedimenti legittimi per il premier e per i ministri e consente di ottemperare alle esigenze del Tribunale con quelle dell’attività del governo». La palla, adesso, è in mano al tribunale presieduto da Edoardo d’Avossa, cui tocca un duplice, spinoso quesito. Mandare la nuova legge all’esame della Corte Costituzionale, come chiede la Procura? E, in caso affermativo, cosa fare del processo?
Nell’autunno del 2008, quando gli stessi giudici sottoposero ai giudici il Lodo Alfano, la Procura aveva chiesto di stralciare la posizione di Berlusconi e continuare il processo a carico degli altri imputati. Ieri De Pasquale invece indica la strada opposta: in nome della «unitarietà» del processo chiede che a venire bloccato sia l’intero dibattimento. «Anche perché, per essere chiari, stralciare la posizione di Berlusconi significa non processarlo mai più», profetizza De Pasquale. Per questo, in attesa dell’esito del ricorso, propone di tenere udienza anche il sabato e la domenica.
La decisione verrà resa nota da d’Avossa lunedì prossimo. Ma intanto sulla nuova iniziativa della Procura si intrecciano le reazioni politiche.

«È evidente che nei pm di Milano c’è una intenzionalità politica per cui per loro è tutto incostituzionale», dice il capogruppo Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto; «l’atteggiamento di certi magistrati dimostra chiaramente quali siano gli ambienti che violano sistematicamente le prerogative e l’indipendenza del potere politico e democratico». In difesa di De Pasquale, Verdi e Italia dei Valori.

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