No alla limitazione delle nascite: scontri in Cina

da Pechino

È solo l’ultima di una serie di proteste esplose in tutta la Cina contro il tentativo di imporre una rigorosa politica di pianificazione familiare: decine di manifestanti hanno preso d’assalto le strade e le sedi delle istituzioni locali nella contea di Shabei, nella Cina sud-orientale, nella regione del Guangxi, una delle cinque «autonome» del Paese.
I manifestanti, esasperati dall’impossibilità di avere più di un figlio, si sono scontrati con le forze dell’ordine e hanno attaccato la sede del governo locale. I dimostranti hanno anche abbattuto un muro nei pressi degli uffici governativi, hanno rovesciate automobili e appiccato piccoli incendi. «Gli uffici del governo sono stati messi a soqquadro, il cancello divelto. La zona - ha riferito un testimone - era disseminata di vetri rotti, pezzi di muri e spazzatura».
Altri testimoni hanno parlato di decine di manifestanti arrestati. I medici dell’ospedale locale affermano di aver curato molti feriti provenienti dai luoghi degli scontri. A scatenare la violenta reazione è stata l’intenzione del governo locale di imporre multe di decine di migliaia di yuan (migliaia di dollari) ai coniugi che mettano al mondo più di un figlio.
La Cina lanciò nel 1980 per la prima volta il suo severo programma per il controllo delle nascite che imponeva a ogni coppia di avere soltanto un figlio.

Negli anni le regole applicate nelle varie regioni del Paese si sono differenziate, ma rimangono rigidi limiti e una manifesta preferenza per i bambini maschi. Oggi la popolazione in Cina è stimata a 1,3 miliardi di persone.

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