No alla manovra, Polo compatto ma la Lega va in battaglia da sola

Calderoli: «Presenteremo i nostri emendamenti in piena autonomia». Scintille tra Maroni e Casini sulla ridotta presenza Udc in piazza a Vicenza

Adalberto Signore

da Roma

Se nel centrosinistra prosegue lo scontro all’arma bianca sulla Finanziaria tra le diverse anime della maggioranza, pure il centrodestra decide di non privarsi della sua dose quotidiana di polemiche interne. Alimentate per l’occasione dall’esclusione della Lega da una conferenza stampa congiunta Forza Italia, An e Udc e da una polemica a distanza tra Roberto Maroni e Pier Ferdinando Casini.
A dare fuoco alle polveri di prima mattina è il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli. «Sabato a Vicenza - attacca - la Cdl era presente con Forza Italia, An e Lega e oggi viene annunciata una conferenza stampa per presentare i comuni emendamenti alla Finanziaria di tutta la coalizione, Udc compresa, ma senza di noi». È «una crepa nel fronte dell’opposizione», spiega il coordinatore delle segreterie del Carroccio che fa sapere che la Lega presenterà «da sola i suoi emendamenti». Torna sulla manifestazione di Vicenza pure Roberto Maroni che giudica l’assenza dell’Udc una manovra che «mette in discussione» e «mina fortemente» la leadership di Berlusconi. La Casa delle libertà, spiega il capogruppo alla Camera, «di fatto non esiste più» e «la leadership del Cavaliere non è così salda come si vorrebbe far credere». Insomma, «esiste un caso centrodestra» che «è colpito da una grave schizofrenia». Anche di questo hanno parlato ieri sera a Arcore Umberto Bossi e Berlusconi. Maroni replica anche all’appello del segretario Udc Lorenzo Cesa a «non fare ostruzionismo»: «Una manovra democristiana che ha l’obiettivo di consentire alla maggioranza di resistere per logorare Berlusconi». Ma a difendere la scelta dell’Udc di partecipare in tono minore alla manifestazione di Vicenza scende in campo proprio Pier Ferdinando Casini. «Abbiamo avuto una posizione chiara. Ognuno - dice il leader centrista - va dove vuole, non siamo mica una caserma». Sarà più eloquente qualche ora più tardi: «La sostanza non è andare in piazza, ma costituire un’alternativa basata su cose vere. Le polemiche sulla leadership? Fingo di non sentirle».
Voci concordi, invece, sulla Finanziaria, criticata da tutta l’opposizione. Casini parla di una manovra «senza più madri né padri». E auspica che si possa modificare in Parlamento «senza ostruzionismo da parte dell’opposizione e senza fiducia da parte della maggioranza». Gianfranco Fini, invece, definisce la Finanziaria «una grande truffa per il Sud». Questa manovra - dice il leader di An - «non è affatto vero che toglie ai ricchi per dare ai poveri». L’ex vicepremier, poi, polemizza con Clemente Mastella («abbaia ma non morde») e con i sindacati («ma dove sono finite le proteste di Cgil, Cisl e Uil?»). Dal capogruppo alla Camera Ignazio La Russa, invece, arrivano dure critiche all’accordo sul Tfr siglato ieri a Palazzo Chigi («è un errore»). «Le nostre aziende - gli fa eco il presidente dei senatori Altero Matteoli - saranno ancor più condannate al nanismo». E se Maurizio Gasparri parla di un Prodi ormai «messo sotto processo dalla sua stessa maggioranza», Daniela Santanché è convinta che oggi la maggioranza «metterà certamente la fiducia» sul decreto fiscale.
Di Finanziaria «sciagurata» parla il capogruppo di Forza Italia al Senato Renato Schifani. Che guarda con speranza ai numeri risicati del Senato: «La fiducia potrebbe costargli cara».

Ed è convinta che «Prodi blinderà la manovra» l’azzurra Isabella Bertolini, mentre secondo Osvaldo Napoli «la maggioranza è in rianimazione». Critici sull’accordo sul Tfr, invece, Maurizio Sacconi e Benedetto Della Vedova.

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