No a via Ortles, profughi ancora in strada

Chiara Campo

Non ci stanno. A lasciare il dormitorio 4 ore al giorno, dalle 9.30 alle 13.30, come prevede il regolamento di viale Ortles. Per una settimana, perché dalla prossima si sarebbero trasferiti nell’ex convitto di viale Piceno. Ai 62 rifugiati sudanesi, che la notte tra l’11 e il 12 gennaio sono stati bloccati dalla polizia elvetica nei boschi vicino a Chiasso mentre tentavano di oltrepassare illegalmente il confine per raggiungere la sede dell’Onu a Ginevra e denunciare il trattamento ricevuto dal Comune, e che ieri all’alba sono stati rispediti a Milano senza tanti complimenti dagli agenti, non è piaciuto neanche l’accordo che avrebbero dovuto siglare con Palazzo Marino per aver diritto all’assistenza. Corsi di italiano e un percorso di avviamento al lavoro.

Dopo una giornata trascorsa in questura, hanno detto no. Hanno preferito raccogliere alcuni cartoni e radunarsi in piazza della Repubblica, nei giardini di fronte all’Hotel Principe di Savoia. «Dormiremo in stazione o nei parchi - spiega Imam, leader dei sudanesi -, (...)

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