No di Padoa-Schioppa: 10 miliardi di euro? Non so dove prenderli

Il ministro non vuole irritare la Commissione europea dando un segnale negativo sulla strada del rigore

da Roma

Le cifre di Paolo Ferrero sul costo (10 miliardi di euro) delle misure a sostegno del potere d’acquisto, ma anche le voci sull’aumento della tassazione delle rendite finanziarie, hanno fatto accendere i campanelli d’allarme al ministero dell’Economia.
Da giorni, Tommaso Padoa-Schioppa (in incontri riservati e meno) ricorda a Romano Prodi che il bilancio dello Stato non può sostenere - soprattutto nel 2008 - spese di questo genere; tanto più a due settimane dal varo della legge di bilancio ed a ridosso del giudizio europeo sulla legge finanziaria.
Al ministero dell’Economia sanno benissimo che il dato del deficit reso noto dall’Istat (l’1,3% del pil nei primi nove mesi) non vale per i calcoli di Bruxelles. Pur essendo positivo, non si può prendere come base di calcolo per allargare i cordoni della borsa.
Non foss’altro perché il quadro macroeconomico di quest’anno, sarà ben diverso da quello dei passati dodici mesi. Joaquin Almunia, commissario europeo agli Affari economici, lo ripete in continuazione. Le previsioni di crescita del 2008 - ha ripetuto ancora ieri - saranno un «po’ più pessimistiche» di quelle fornite a novembre. «Spero ancora di poter dire che il 2008 sarà un anno di crescita», ha aggiunto. Perché i rischi di ribassi «sono aumentati». Alla base delle preoccupazioni del commissario europeo sia la propagazione in Europa della crisi americana sia le tensioni inflazionistiche interne del continente.
Ne consegue che, anche come strategia diplomatica nei confronti della Commissione, il governo non può far vedere che allenta la presa sul rigore finanziario. Per di più a ridosso del giudizio di Bruxelles sulla manovra italiana (atteso per il 30 gennaio prossimo, come rivelato dal portavoce di Almunia).
Il ministero dell’Economia ha quindi consigliato Palazzo Chigi a non adottare alcuna misura che possa anche solo lontanamente dare l’impressione di aumentare la spesa pubblica (Bruxelles ha criticato in ogni occasione l’uso dei tesoretti nel 2007). O di creare tensioni inflazionistiche - già alte - attraverso un aumento dei salari: soluzione, quest’ultima, fortemente avversata dalla Banca centrale europea.
Il risultato dell’operazione lo aveva anticipato Lamberto Dini mentre il vertice a Palazzo Chigi con i sindacati era ancora in corso. Prima della Trimestrale di cassa, attesa per fine aprile - aveva detto - non sarà possibile assumere alcun iniziativa per restituire potere d’acquisto ai salari. Soprattutto attraverso l’utilizzo della leva fiscale. Con la Trimestrale di cassa il governo avrà un’immagine più nitida del profilo dei conti pubblici di quest’anno; e se, nonostante una flessione della crescita, il gettito fiscale garantirà ancora «tesoretti» da distribuire.
Il risultato è che il governo ha preso tempo. E tornerà a vedere i sindacati dopo il giudizio europeo sulla Finanziaria. Non prima. Con buona pace di Ferrero e della sinistra estrema.


A questo punto, i riflettori sono accesi sul vertice dell’Unione di domani. In quella sede, Prodi dovrà indicare gli interventi che intende adottare per restituire il potere d’acquisto ai salari. Ben sapendo, però, che non potrà introdurre misure concrete in tempi brevi.

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