An, il no del Ppe accende il dibattito sulla Fiamma

Tra gli uomini di Fini cresce la tentazione di rinunciare al simbolo dell’ex Msi. Ma via della Scrofa smentisce: «Non è in agenda»

da Roma

Il colpo a freddo assestato da Wilfred Martens con il rifiuto di aprire la porta del Ppe ad An si fa sentire in profondità nel corpo del partito. Questione di percorsi, prospettive, simboli. Ma soprattutto di una «missione» entrata ormai tra le parole d’ordine di una formazione in costante trasformazione e desiderosa di tenere il passo con la modernità. Per coloro che fanno fatica a sentirsi definire ancora e semplicemente «gli eredi del Movimento sociale» e, al contrario, coltivano la ferma volontà di entrare nella più grande famiglia politica europea, insomma, lo stop è inaspettato. Forse non tanto nella sostanza quanto nella forma che sa di pregiudizio. Da tre giorni nel partito si discute di una possibile contromossa. E, al netto delle smentite di ordinanza, il «dubbio della Fiamma» è tornato a fare capolino nelle menti di alcuni dirigenti, soprattutto nella corrente da sempre meno incline ai «nostalgismi»: quella di Nuova alleanza, guidata da Adolfo Urso. Il ragionamento è semplice: se davvero vogliamo dare un segnale forte e dimostrare che le nostre scelte sono definitive e non negoziabili dobbiamo chiudere con il passato e cancellare la fiamma. Voltare pagina con un gesto simbolico che equivalga a un sonante «indietro non si torna». Cancellare quel simbolo che, con una buona dose di mitologia, molti ancora continuano a ricondurre a Benito Mussolini. Un restyling che, se davvero ci fosse la volontà, potrebbe avvenire in tempi brevi. Il 17 dicembre, infatti, è convocata l’assemblea nazionale, organo che ha il potere di procedere alle modifiche statutarie e può quindi anche mettere mano al simbolo.
C’è un problema, però, anche di date e coincidenze storiche che si affaccia dietro l’angolo. Negli stessi giorni di metà dicembre, infatti, si celebra un appuntamento organizzato dalla rivista La Destra di Luciano Lucarini e Fabio Torriero – sempre più visibile e presente nel dibattito politico sul moderatismo - per il sessantennale della fondazione dell’Msi al quale presenzieranno Donna Assunta Almirante e Francesco Storace. Un evento in cui inevitabilmente risuoneranno richiami identitari e in cui crepiterà un prevedibile fuoco di sbarramento contro la politica degli strappi successivi di Gianfranco Fini. Aprire il dibattito sulla fiamma proprio in quei giorni significherebbe fornire un formidabile assist a chi vede nella politica del presidente di An lo svuotamento dell’anima profonda di un partito che rappresenta tuttora il collante di una grande comunità politica. Anche per questo le fonti ufficiali di Via della Scrofa ribadiscono che la questione della fiamma «non è in agenda». Quel che è certo è che dalle parti di Francesco Storace - già sul piede di guerra contro la leadership «monocratica» di Fini e contro gli approdi popolari a più riprese vagheggiati – il presunto rilancio sulla fiamma viene seguito con grande attenzione. Tanto che il braccio destro dell’ex governatore del Lazio, Carmelo Briguglio, si spinge fino a ipotizzare un approdo da separati in casa. «Se la linea di Fini si divaricasse troppo dalla nostra, si potrebbe pensare di creare due partiti fratelli, capaci di agire divisi ma presentarsi insieme nelle liste elettorali, sul modello della Cdu-Csu» riflette Briguglio.
Chi, invece, non ci sta a impantanarsi nel dibattito sulla fiamma è Maurizio Gasparri. «I problemi per An oggi sono altri. Il governo Prodi sta rimobilitando il popolo di centrodestra. C’è una grande voglia di partecipazione e noi dobbiamo incanalarla verso il partito unitario. Il processo attualmente è in stand-by. È ora di fissare un ordine del giorno serio e dare un’accelerata.

Se qualche pezzetto di nomenklatura vuole frenare non è un problema che deve riguardarci. Noi dobbiamo spingere senza pensare a questioni di potere, di leadership o di simboli. Tanto è ovvio che nel simbolo del partito unitario non potrà esserci la fiamma...».

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