No a questa Finanziaria che ucciderà la crescita

Livio Caputo

Il concetto di «piazza» non piace, in linea di massima, ai liberali: essi tendono ad associarlo o alle «manifestazioni oceaniche» promosse dalle dittature, o - più recentemente - a uno degli strumenti preferiti della sinistra in generale, e del sindacato in particolare, per prevaricare sul potere politico o sugli altri cittadini. Ma a questa congenita riluttanza del liberale a marciare in corteo e sventolare striscioni c’è una importante eccezione: la difesa della libertà, anzi delle libertà. La libertà di espressione, la libertà di intraprendere, la libertà di disporre delle proprie risorse e altre ancora. Domani, ci troviamo in presenza di uno di quei casi in cui il vero liberale deve mettere da parte la propria preferenza a condurre in prima persona e senza intermediari le proprie battaglie e unirsi alle altre forze disposte a combatterle. Deve, in altre parole, prendere atto che, per una volta, vale la pena accantonare il proprio individualismo per trasformarsi in una delle tante ruote di un ingranaggio infinitamente più grande, in cui gli sembrerà di non contare. La presenza a Roma di chi, per sua scelta, non marcerebbe mai varrà dieci volte quella di chi ha la manifestazione di piazza nel suo Dna.
Più che contro i singoli provvedimenti che lo colpiranno nel portafogli, il liberale dimostrerà contro la filosofia della Finanziaria di Prodi. Egli non ha obiezioni contro il rientro del deficit nei parametri di Maastricht, che era perseguito anche dal governo Berlusconi. Trova invece inaccettabile il modo: nessun serio attacco alla spesa pubblica, nessun vero tentativo di ridurre gli sprechi, solo «caccia al contribuente» con metodi che, in certi casi, sembrano addirittura mutuati dai sistemi comunisti e che - se applicati fino in fondo, daranno al fisco italiano connotati orwelliani. Siamo infatti di fronte a una Finanziaria di impronta rigorosamente statalista, in cui non si tiene alcun conto del principio di sussidiarietà: «Nessun intervento pubblico deve aver luogo quando i bisogni possono essere più adeguatamente soddisfatti direttamente dall’individuo». Peggio ancora, stiamo per approvare provvedimenti che, presi nel loro insieme, sembrano destinati a fare retrocedere ulteriormente l’Italia nelle classifiche internazionali che contano: quelle delle libertà economiche, della produttività e finanche del tasso di corruzione.
L’aumento delle tasse decretato dal governo contraddice inoltre uno dei principi economici più cari al liberale, fondamentale in un momento come questo: l’abbassamento della pressione fiscale stimola i consumi e gli investimenti e contribuisce alla crescita del Paese. È una formula ormai collaudata, praticata con successo in tutti i Paesi occidentali anche a conduzione socialista. Al contrario, l’aumento della pressione induce spesso il cittadino, e soprattutto il lavoratore autonomo, a lavorare di meno. La Finanziaria sembra diretta proprio contro questa categoria, forse per punirla, se non di essere in prevalenza liberale, almeno di avere votato in maggioranza per il centrodestra.
Oltre alle libertà, il liberale che scenderà in piazza difenderà anche se stesso e la sua concezione della vita, minacciata da un pacco di norme che ne costituiscono l’antitesi. Anche se nutrisse qualche dubbio sulla capacità di una manifestazione di bloccare una legge che gli ripugna, avrà nondimeno l’occasione di dimostrare che, su certi principi, non è disposto a transigere e che esiste un’Italia che non accetta di essere presa in giro.

Anche a costo di sacrificare un weekend, e di ricorrere a uno strumento che in genere è prerogativa degli avversari.

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