«No alla serie B»: scende in piazza l’orgoglio laziale

Cochi (An): « Il Consiglio comunale affianchi il club negli eventuali ricorsi a Tar e Consiglio di Stato»

Emiliano Leonardi

L’orgoglio laziale scende in piazza per affermare i suoi diritti. E cercherà in tutte le maniere di far capire che la Lazio, stavolta, non c’entra proprio con gli affari sporchi del calcio. Perché è società illibata, lontana dalle metastasi dell’italico football e che la serie B e i sette punti di penalizzazione non le competono. Parola di Alessandro Cochi, tifoso laziale doc, ma soprattutto vicepresidente della Commissione Sport del Comune di Roma, tra i promotori dell’incontro che oggi, alle 16, vedrà una sorta di «faccia a faccia» fra il sindaco capitolino, Walter Veltroni, e una folta rappresentanza della tifoseria biancoceleste. L’incontro è figlio di un’esigenza più volte manifestata in questi giorni dai responsabili della Curva nord (il feudo del tifo biancoceleste) e rappresenta, forse, l’ultima spiaggia per i fan del travagliato club fondato nel 1900 da Luigi Bigiarelli, per salvare il salvabile prima che venga decretata la sentenza di secondo grado.
Loro, i laziali, la retrocessione a tavolino proprio non la mandano giù. «È sotto gli occhi di tutti - sottolinea Cochi - così come è emerso nel processo, che non si è verificato nessun contatto diretto tra la società e gli arbitri e i guardalinee delle partite oggetto di indagine, questi ultimi addirittura prosciolti con formula piena. Questa è una cosa che deve essere per forza rivista in questa fase di appello». Chiaro ed esplicito, da parte del vicepresidente della Commissione Sport, il confronto con la squadra che - prove alla mano - risulta essere la più colpevole della vicenda: «Basti pensare - continua Cochi - che la Juventus, che ha la posizione peggiore di tutte le squadre coinvolte, è stata inserita nella stessa serie, quella cadetta, anche se con più punti di handicap». Vecchia Signora, e non solo. Le parole del consigliere comunale di An evidenziano anche la posizione dell’altrettanto... vecchio diavolo rossonero: «Il Milan, altro club blasonato coinvolto, è addirittura rimasto in serie A». Ora, arrivati a questo punto, i laziali vogliono intuire se, in Campidoglio, è il caso di intervenire come stanno facendo in Toscana, e dunque «se ci siano i presupposti così come nelle intenzioni del sindaco di Firenze Leonardo Domenici verso la Fiorentina calcio, di proporre come Consiglio comunale, di affiancare il club in un eventuale ricorso al Tar e poi al Consiglio di Stato, sia diretto sia a supporto di quello della società».
Insomma, le sentenze di primo grado non hanno certo soddisfatto il vecchio cuore biancoceleste, che ora cerca motivi più o meno evidenti per sottolineare come il danno «Lazio in B e penalizzata» potrebbe trasformarsi in una batosta anche per gli interessi della comunità locale. Una batosta «di natura economica, sociale, di immagine e con risvolti importanti anche per la storia del club, che è inserito nella Polisportiva più grande d’Europa, oltre che tra le più antiche, con ben 106 anni di storia alle spalle».

Alessandro Cochi ribadisce infine il dolore di una tifoseria stanca, e nell’annotare la latitanza di tutti quei personaggi più o meno noti (politici, attori, vip più o meno di prima categoria) saliti sul carro dei vincitori quando la Lazio vinceva (cinque, sei anni fa, in piena epopea cragnottiana), sottolinea con amarezza la presenza del «solito sistema che cambia burattinai ma che, in fondo, rimane tale nel tessere trame e coinvolgere a comando».

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