Geronimo
Più si avvicina la data delle elezioni, più il dibattito politico diventa confuso. Sul piano istituzionale e su quello economico, i due terreni sui quali si gioca il futuro del Paese. Questa volta parliamo del primo. Come i lettori sanno, noi non siamo entusiasti della riforma costituzionale approvata. La nostra contrarietà non è legata al federalismo in quanto tale, anche se va ricordato che siamo lunico esempio al mondo in cui un Paese unito si federalizza. Nelle grandi democrazie, da quella americana a quella tedesca, il processo è stato sempre allinverso, e cioè regioni-stato che si univano per diventare uno Stato nazionale e federato. La nostra contrarietà è, invece, strettamente legata alla cosiddetta forma di governo, che, in parole semplici, vuol dire i poteri che spettano al capo dellesecutivo e quelli che spettano al Parlamento, oltre che, naturalmente, la modalità di elezione delluno e dellaltro. La riforma approvata prevede innanzitutto lelezione diretta del primo ministro, un sistema, cioè, presidenziale di tipo israeliano. La cosa non ci piace molto, ma è largamente compatibile con lassetto democratico del Paese, come dimostrano i casi israeliano ed americano, i due sistemi presidenziali per eccellenza. In entrambi i casi, però, il Parlamento resta libero in tutte le proprie determinazioni, alleanze politiche comprese. Il sistema previsto dalla nuova riforma costituzionale, invece, pure in presenza di una legge elettorale proporzionale, impone che le alleanze dichiarate in campagna elettorale siano immutabili per tutta la legislatura. I perbenisti esultano. Finalmente si è messo fine allo scandalo del ribaltonismo. Una falsità che nasconde una delle più profonde inadeguatezze della politica attuale, la preoccupazione di non riuscire a tenere insieme e stabilmente unalleanza con la sola politica (Berlusconi, in verità, lo ha dimostrato).
Per spiegarci meglio, facciamo qualche esempio. In Israele il premier Ariel Sharon, dopo essere stato eletto direttamente dal popolo contro i laburisti di Shimon Peres, ha fatto lalleanza proprio con loro, spaccando, così, il proprio partito. Senza quellalleanza Sharon non avrebbe potuto imporre il ritiro dei coloni dalla Striscia di Gaza dando, così, un colpo dala al processo di pace. Quellalleanza «anomala», nata in un libero Parlamento, gli ha dato, però, la forza per unazione che resterà nella storia di quella martoriata terra palestinese.
In questi giorni, tanto per continuare negli esempi, i due maggiori partiti tedeschi hanno fatto unalleanza di governo dopo essersi contrapposti duramente e da sempre e dopo una campagna elettorale senza esclusione di colpi durante la quale entrambi si erano dichiarati fermamente alternativi. Gerhard Schröder e Angela Merkel hanno maturato, in un altro libero Parlamento, unalleanza opposta a quello che ciascuno aveva dichiarato in campagna elettorale, e l84 per cento dei cittadini tedeschi (il 20 per cento in più della somma dei voti raccolti dai due partiti) la condivide. Eppure nel Bundestag cera una maggioranza di sinistra. Ancora una volta, però, un Parlamento libero ha saputo dare il governo giusto a un Paese in affanno. Un terzo esempio, questo un po più antico, è quello della rottura dellalleanza tra socialdemocratici e liberali in Germania all'inizio degli anni 80 che portò Helmut Kohl alla Cancelleria, dando così al Vecchio continente un leader di statura mondiale che ha saputo riunificare la Germania e far decollare lEuropa.
Potremmo continuare, ma crediamo che gli esempi portati dicano qual è la forza di un Parlamento libero. Non vè dubbio, naturalmente, che la libertà dei singoli e dei gruppi parlamentari sarà valutata poi dal popolo sovrano nelle successive elezioni, premiando o bastonando le rispettive libere scelte. Imprigionando, invece, in una immutabilità di alleanza, qualunque cosa accada, per cinque anni il libero convincimento del Parlamento, significa avviarsi su di un ripido sentiero pieno di pericoli, perché quando si riduce la libertà del Parlamento si sa come si inizia, ma non si sa come si finisce.
Detto questo, però, è anche strano come nessuno ricordi le scelte fatte dal centrosinistra che nel 2000 portarono a un modello di governo regionale per cui il presidente della giunta viene eletto direttamente e le sue eventuali dimissioni, per sfiducia o per altro, portano allo scioglimento automatico del consiglio regionale. Insomma, un bavaglio allassemblea regionale e una sua subalternità al presidente di turno. Bassolino, ad esempio, può fare di tutto e di più, ma il consiglio regionale della Campania non lo sfiducerà mai perché verrebbe anchesso sciolto con le sue dimissioni. Per dirla in breve, la riforma costituzionale approvata, per quanto riguarda la forma di governo, ripete in sostanza il modello regionale. In nessuna democrazia del mondo occidentale, però, cè un sistema istituzionale di tal fatta. Se il presidente degli Stati Uniti, ad esempio, presenta la legge di bilancio al Congresso e questo non lo approva, il presidente cambia il bilancio, non scioglie il Congresso con le proprie dimissioni.
Morale della favola: chi, come noi, è contrario alla riforma costituzionale non può che essere contrario anche al modello di governo regionale che ci ha dato il centrosinistra. Non manchiamo di rispetto a nessuno se diciamo che fa quasi ridere un Bassolino che annuncia trionfante e minaccioso la richiesta di referendum da parte di cinque consigli regionali, dimenticando che, per coerenza politica, quegli stessi consigli dovrebbero chiedere anche un referendum per modificare il sistema di governo regionale, il cui autoritarismo è pari a quello che cè nei Paesi dellAsia Centrale.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.