Ultim'ora
Fine vita, il Governo impugna la legge della Regione Toscana
Ultim'ora
Fine vita, il Governo impugna la legge della Regione Toscana

No alla Ue, qualche vantaggio c’è

No alla  Ue, qualche vantaggio c’è
00:00 00:00

Livio Caputo

Invece di fasciarci la testa per il no di francesi e olandesi alla Costituzione e abbandonarci a funesti presagi sul futuro dell’Unione, cerchiamo di individuare i lati positivi del voto. Questi sono, a nostro avviso, almeno quattro (anche se, probabilmente, non erano nelle intenzioni di coloro che hanno bocciato la Carta).
1) Ha riportato con i piedi per terra tutti coloro - politici e non politici - che sognavano un superstato federale che unificasse non solo economicamente, ma anche politicamente e culturalmente, il nostro continente, e magari diventasse un rivale degli Stati Uniti d’America.
Un simile disegno sarebbe stato forse realizzabile se limitato ai sei Paesi fondatori (magari con l’aggiunta di Austria e Spagna), ma è diventato un’utopia nel momento stesso in cui si è intrapresa la strada dell’allargamento, prima alla Gran Bretagna, poi ai Paesi nordici, poi a quelli ex-comunisti dell’Europa dell’Est, infine a quelli balcanici e addirittura alla Turchia.
Allargamento e approfondimento, specie se perseguiti contemporaneamente, sono incompatibili, per la semplice ragione che il primo riduce il minimo comun denominatore tra gli Stati membri. Con la Costituzione, i governanti europei hanno compiuto una fuga in avanti rispetto agli umori della pubblica opinione. Infatti (con l’eccezione della Spagna, dove peraltro la percentuale dei votanti è stata bassissima) i dieci Paesi che hanno ratificato il Trattato a tutt’oggi lo hanno fatto in sede parlamentare.
Grazie al responso referendario, abbiamo ben chiaro quali sono - al momento attuale - i limiti del progetto europeo, e possiamo perciò concentrare le nostre energie sui problemi che siamo in condizione di risolvere.
2) Proprio l’analisi del voto ci consente di mettere a fuoco quali sono le iniziative più urgenti da prendere, se vogliamo che l’Unione non solo sopravviva, ma continui a svilupparsi.
Anzitutto, bisogna modificare l’immagine della Commissione, oggi percepita come un consesso di burocrati che, senza avere una legittimazione democratica, impone continuamente nuove norme e direttive che interferiscono nella vita della gente, aumentano i costi di produzione, e cercano di uniformare cose che non sono uniformabili.
In secondo luogo, è necessario concentrarsi maggiormente sui problemi dello sviluppo, riassorbendo le sacche di disoccupazione e attenuando i timori che la manodopera a buon mercato dei nuovi membri ci porti via posti di lavoro.
Terzo, bisogna convincere i cittadini che chiudersi a riccio in difesa di privilegi e benefici non più sostenibili è una politica che non porta da nessuna parte e che se si vuole resistere all’offensiva della globalizzazione è necessario lavorare di più e (soprattutto) meglio: il voto francese contro una Costituzione arbitrariamente definita liberista, cioè contraria a quelle riforme strutturali indispensabili a mantenere la competitività dell’Europa, è il segnale più preoccupante di questa settimana di fuoco.
Infine, bisogna trovare nuove soluzioni al problema dell’immigrazione, soprattutto musulmana, che almeno in Olanda è stato alla radice del «no»: altrimenti, si rischia una reazione violenta, che potrebbe mettere anche a rischio la stabilità dei nostri Paesi.
3) Ha finalmente avviato un dibattito serio su problemi che, finora, venivano volutamente ignorati o erano trattati solo nelle stanze piene di fumo. Si colma così una parte del deficit democratico che è sempre stato uno dei mali dell’Unione.
Alcune idee che stanno emergendo sono bislacche e impraticabili, come quella di uscire dall’euro per tornare alle monete nazionali da un lato, o quella di resuscitare per l’occasione l’Europa a due velocità, lasciando indietro chi non ci sta, dall’altro. Altre, magari enucleate dalla stessa Costituzione che in blocco non ha incontrato i favori degli elettori, sono stimolanti e ragionevoli.
4) Ha fatto scendere le quotazioni dell’euro rispetto al dollaro e allo yuan, alleviando, almeno in parte, i problemi incontrati ultimamente dall’industria europea.


Se sapremo gestire questa crisi con intelligenza e soprattutto senza forzature, potrebbe ottenere un risultato importante: neutralizzare gli estremisti dei due campi, gli incorreggibili euroentusiasti e i catastrofisti euroscettici, e segnare l’affermazione degli spesso disprezzati eurorealisti, cioè di coloro che, senza troppe illusioni, puntano alla migliore Europa possibile e si accontentano.
livio.caputo@fastwebnet.it

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica