Nobel al padre dei bebè in vitro. Ira del Vaticano

Premiato l’inglese  Edwards, grazie al quale 32 anni fa cominciò la storia della fecondazione artificiale. I figli di quella tecnica esultano, la Santa Sede si scaglia contro la follia di mamme e nonne in affitto

Nobel al padre dei bebè in vitro. Ira del Vaticano

È uno dei Nobel per la me­dicina più controversi degli ultimi anni. Lo ha ricevuto il padre della fecondazione ar­tificiale, l’inglese Robert Ed­wards, per una scoperta che risale a 32 anni fa, ma che con­tin­ua a suscitare passioni for­tissime e contrastanti. Da una parte l’opinione pubbli­ca laica e 4 milioni di bambi­ni nati in provetta in tutto il mondo; bambini, con le ri­spettive famiglie, che hanno inondato il web di messaggi di felicitazioni. Dall’altra la Chiesa cattolica, che conti­nua a considerare queste tec­niche e, soprattutto, gli abusi che ne possono derivare, inaccettabili sul piano etico. È bastato che l’annuncio del Premio al «pioniere di una tecnica che ha avuto for­tissime ricadute nella socie­tà » venisse battuto dalle agen­zie per scatenare, dopo pochi minuti, una polemica accesis­sima. L’associazione Scienza & Vita, non può «non ricordare la visione riduzionistica della vita insita nelle procedure di fecondazione artificiale, nel­le quali l’essere umano si tra­duce da soggetto a oggetto, vale a dire a mero prodotto del concepimento». I timori del mondo cattolico riguarda­no soprattutto la selezione. «Pensiamo al congelamento degli embrioni e alla diagno­si genetica preimpianto, che comportano la soppressione di vite umane, selezionando gli embrioni ritenuti più ido­nei al trasferimento ed esclu­dendo quelli non “di quali­tà” ». Una posizione rafforzata dal presidente della Pontifi­cia accademia della vita, monsignor Ignacio Carra­sco, che ha accusato Edwar­ds di essere la causa del «mer­cato degli ovociti», degli em­brioni abbandonati che «fini­ranno per morire» e anche dello «stato confusionale del­la procreazione assistita» con «figli nati da nonne o mamme in affitto». Edwards non ha replicato, ma i radicali sì. E con parole di fuoco. «Se i progressi della medicina vengono rifiutati quando si tratta di nascere ed accolti quando si tratta di mo­rire­si deve concludere che tri­stezza e sofferenza sono i veri caposaldi dei “sacralizzato­ri” della vita, ovvero il sadi­smo ha preso il posto del­l’amore », afferma Antonietta Farina Coscioni, secondo cui il Nobel rappresenta «la vitto­ria della scienza su tutti i fon­damentalismi religiosi». Com’era facilmente preve­dibile, la discussione si è allar­gata alla legge 40. «I sostenito­ri di una norma che pone una serie di ostacoli alla possibili­tà offerta dalla scienza e dalla medicina, dovrebbero inizia­re a riflettere per superarla al servizio dei cittadini», denun­cia un’altra radicale, la sena­trice Donatella Poretti, tro­vandosi in sintonia con Igna­zio Marino, del Pd. «Se è nor­male eseguire dei controlli prima di una gravidanza, con lo scopo di individuare even­tuali malattie, perché in uno Stato laico non dovrebbe es­sere normale avendo lo stes­so obiettivo, la diagnosi pre­impianto? - si chiede il presi­dente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale -Fermiamo il turismo ripro­duttivo e interveniamo pri­ma delle sentenze dei tribu­nali ». Richieste respinte subi­to dal sottosegretario alla Sa­lute Eugenia Roccella, secon­do la quale «la legge è saggia è lungimirante». E su Edwards precisa: «Ciò che è messo in discussione è come sono sta­te usate le tecniche di fecon­dazione assistita, non certo la figura o la scienza del No­bel ». Insomma, muro contro mu­ro. E il premiato che dice? Gio­isce, naturalmente. E, trami­te la moglie, ribadisce che il ricordo più forte della sua lun­ghissima carriera scientifica è di avere visto «la gioia di tan­ti bambini». Definisce la sua un’«avventura fantastica». Con una missione: diffonde­re «l’etica della riproduzio­ne, ovvero far di tutto, e al me­glio, perché un bambino na­sca sano». Edwards in realtà fu uno dei due padri della feconda­zione provetta, l’altro era ilgi­necologo Patrick Streptoe, morto nel 1988. Ma siccome il Nobel non può essere attri­buito alla memoria, va solo a lui.

Uno dei primi messaggi feli­citazioni il vincitore, og­gi85enne e professore emeri­to all’Università di Cambrid­ge, lo ha ricevuto da Louise, la prima bimba nata in video, che ha 32 anni ed è madre di un figlio di quattro. Nato per vie naturali, senza provette.

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