Paul Krugman ha vinto il Nobel per leconomia. Ufficialmente per i suoi studi accademici sugli scambi commerciali nellera della globalizzazione; in realtà per essere stato un brillante profeta di sventura. LAccademia Reale Svedese delle Scienze verosimilmente non aveva alternative: al termine della più drammatica settimana nella storia delle Borse a chi poteva andare il riconoscimento se non a uno studioso che da tempo denuncia gli squilibri della finanza americana? A Krugman, 55enne docente di economia e relazioni internazionali alluniversità di Princeton, nessuno può rinfacciare la mancanza di coerenza. Semmai un eccesso di pessimismo. Già negli anni Novanta pronosticava scenari apocalittici per leconomia mondiale, non sempre condivisi dai suoi colleghi e non sempre avveduti. Alcuni dei suoi pronostici si sono rivelati sbagliati. Ma negli ultimi ha visto giusto, ha visto bene. Forse più come polemista del New York Times, che come ricercatore accademico.
La sua fama è dovuta ai corrosivi articoli che pubblica settimanalmente sul quotidiano americano e ai saggi rivolti al grande pubblico. Un divulgatore polemico, irriverente, persuaso, già nel 2001, che lo scoppio della bolla finanziaria avrebbe danneggiato gli Stati Uniti più degli attacchi terroristici dellundici settembre. Allora pochi lo presero sul serio.
Per sette anni ha denunciato lesplosione del debito pubblico, che riteneva insostenibile, e la profonda corrotta commistione tra lestablishment politico e quello di Wall Street. La casta dei supermanager, avidi e impunibili, era nel suo mirino da tempo.
Per Krugman, George Bush è lunico responsabile del dissesto mentre Bill Clinton era esemplare. Ovvio: Bill era un liberal, come il neo Nobel. Che lattuale presidente abbia commesso errori enormi nessuno lo nega; ma Krugman, come molti, dimentica un antefatto importante. Nel 1999 fu lallora presidente democratico ad approvare labolizione della divisione tra banca daffari e banca commerciale. Nel 2000 non si oppose alliniziativa di alcuni deputati, tra cui Bill Graham attuale consigliere di McCain, che riuscirono a far approvare lemendamento che deregolamentava il trading di derivati più pericolosi. Trattasi dei Credit default swaps che permettono contratti privati tra controparti che scommettono, luno contro laltra, sulle possibilità di default di un debitore.
E in questi anni il Partito democratico non è stato certo più morale di quello repubblicano: ieri Usa Today ha dimostrano come nelle ultime due legislature entrambi i partiti abbiano bloccato vicendevolmente i progetti di legge che avrebbero potuto arginare per tempo la marea dei mutui subprime e altri eccessi della finanza creativa, obbedendo sempre a logiche lobbistiche. Bush verrà ricordato come un pessimo presidente, ma ad essere bacato era innanzitutto il sistema. Krugman non ha mai negato le sue simpatie progressiste e infatti è molto popolare a sinistra; sbaglia, però, chi lo considera un protezionista o un pensatore no global. Al contrario: è un convinto sostenitore del libero scambio e della fluttuazione delle monete. È stato il primo a dimostrare una realtà in apparenza banale: che i rendimenti costanti di scala sono fondamentali anche nel commercio e dunque le aziende che riescono a competere meglio sono proprio quelle grandi che tendono a diventare multinazionali. Ma questo, secondo Krugman, è positivo perché spinge le imprese di qualunque nazione a specializzarsi e consente ai consumatori di scegliere tra una grande varietà di prodotti a prezzi più bassi. Con tanti saluti al commercio equo-solidale e alle teorie terzomondiste.
Liberista nel mondo, neo keynesiano negli Stati Uniti. Il docente di Princeton è favorevole allintervento pubblico per regolare gli eccessi del mercato ed evitare squilibri nella distribuzione del reddito. È convinto che solo una società armoniosa e bilanciata possa garantire uno sviluppo solido.
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