«Noi dirigenti nel mirino capro espiatorio della crisi»

Parigi «Io nella mia società seguo una linea molto chiara: cerco sempre di dire la verità a proposito della situazione in cui ci troviamo. La verità è la base del dialogo e il dialogo aiuta a evitare situazioni gravissime, come quelle che abbiamo visto nei giorni scorsi, con dirigenti aziendali sequestrati nella loro stessa impresa», dichiara al Giornale Charles Beigbeder, il nuovo uomo forte del Medef, la Confindustria francese.
Beigbeder è il nome più rappresentativo della generazione dei "giovani industriali" d'Oltralpe. A 44 anni è il presidente di un gruppo energetico dalle grandissime ambizioni, il fornitore elettrico francese Poweo, una delle tre imprese da lui stesso fondate. È il vicepresidente di CroissancePlus, l'organizzazione delle imprese in maggiore crescita ed è soprattutto uno dei membri più influenti del Comitato esecutivo del Medef. Molti lo considerano come il vero numero due della Confindustria transalpina.
Lei, signor Beigbeder, dice di puntare al dialogo all'interno di Poweo, ma la sua azienda va a gonfie vele. Che cosa farebbe al posto degli imprenditori che vengono sequestrati quando sono costretti a proporre un piano di licenziamenti?
«Situazioni del genere sono scandalose. L'uso di metodi violenti, come il sequestro di un dirigente aziendale della società 3M, è in antitesi col nostro desiderio di dialogo. In questo periodo il Medef riceve segnalazioni di situazioni molto tese. Tuttavia noi guardiamo all'essenziale, ossia al bisogno di dialogare tra tutte le parti in causa».
Però certe volte le crisi vanno trattate con la scure...
«Anche quando le crisi sono ad uno stadio avanzato, il dialogo è indispensabile. Ora tutti devono assumersi le proprie responsabilità. Noi imprenditori siamo pronti a fare la nostra parte, anche se c'è chi ama criticarci. Non vogliamo mettere benzina sul fuoco. Però ricordiamo a tutti che occorre rispettare la legalità. Certi atti di violenza devono finire».
Anche la Francia è scossa dalla polemica sui "paracadute d'oro" dei manager. Lei che ne pensa?
«Si sta facendo molta confusione e la confusione non giova a nessuno. Prendiamo il caso di un'azienda in crisi, magari costretta a licenziare dopo aver ottenuto aiuti pubblici. Il management di quell’azienda non può "chiamarsi fuori" mentre chiede sacrifici ai dipendenti. In certe situazioni tutti devono dimostrare di saper rinunciare a qualcosa. È una questione di buon senso e anche questo contribuisce a creare il clima di dialogo».
Però c'è anche il caso dell'imprenditore che rischia del suo e a cui viene semplicemente rinfacciato di incassare i benefici del proprio lavoro...
«Per questo parlavo prima di confusione. Noi del Medef abbiamo varato già lo scorso ottobre un "codice di buona condotta" delle aziende, a cui abbiamo chiesto impegni deontologici ben precisi, come quello della trasparenza delle proprie scelte. Il nostro codice è entrato in vigore lo scorso primo gennaio.

Ci sono situazioni in cui i "bonus" e gli incentivi ai manager possono essere del tutto comprensibili e altre in cui diventa davvero difficile giustificarli. Comunque una cosa è certa: non si può trasformare l'impresa in capro espiatorio dell'attuale crisi».

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