«Nel 1969 sono arrivata a Milano, in piazza San Babila, alla guida della mia Harley Davidson e la gente mi guardava a bocca aperta. In quel periodo abbiamo rotto tutti gli schemi, oggi non cè più nulla da inventare», ricorda Giovanna (Nocetti), lanciata da Pippo Baudo con Settevoci e ora, con la sua casa discografica, si occupa prevalentemente di opera e musica classica.
Allora cera anche lei tra le ragazze beat.
«Non so come definirmi, ma io sono sempre stata libera di fare, sia nellarte che nella vita, ciò che volevo. Cera il genuino entusiasmo di fare cose strane per cambiare le cose, non come oggi semplicemente per fare notizia o andare in tv».
La musica era meglio allora o oggi?
«Allora era nuova, fresca, genuina e i personaggi erano veri. Oggi i ragazzi saranno anche bravi ma lindustria li tratta come formaggini: li prende, li scarta, li mangia e li butta».
Ma anche allora cerano artisti da un colpo e via.
«Si ma quelle canzoni sono rimaste. Cosa rimarrà di questi cantanti da talent show?».
Lei non amava molto apparire.
«Amavo la buona musica. Sono partita con Canne al vento scritta da Mino Reitano e credo di aver mantenuto un buon livello artistico. Non apparivo molto perché ero sì trasgressiva ma venivo dallAzione Cattolica e non amavo la droga, di cui in certi ambienti si faceva largo uso. E poi ho preferito suonare senza farmi notare».
Cioè?
«Ho suonato la chitarra nei dischi della Vanoni e di tante altre star».
Ha ancora amici di quei tempi?
«Alberto Radius, Franco Battiato che era il chitarrista di Ombretta Colli e ogni tanto vedo Loredana Bertè».
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