Noi mangiamo in piedi L’importante è che stiano seduti i cani

Caro direttore,
vorrei far conoscere a quante più persone possibile un fatto di cronaca spicciola di realtà quotidiana che m’è occorso. Sono andato alla fiera di Rho l'8 dicembre e dovevo mangiare a mezzogiorno con i miei due figli. Tutto pieno, ovviamente: ho atteso paziente che si liberasse un tavolo, con le pizze in mano. Purtroppo però al tavolino che si è liberato c’erano solo due sedie ed io restavo in piedi. Lì di fianco pranzava una famiglia ma una sedia, su cui era posata una borsa, mi sembrava vuota. Chiedo: “Scusi, posso...?” pensando che la borsa poteva essere anche poggiata a terra. Ma la «signora» dice di no, che lei la sua borsa non la può appoggiare sul pavimento perché c’è dentro... un cane. E il cane c’era davvero: minuscolo, gli occhi in fuori e due orecchie dritte sembrava un topo, con su un golfino di lana e un collarino chic. Dico allora alla donna: «Scusi, ma lei lascia in piedi un cristiano per tenere il cane sulla sedia?». La tizia ascolta e neppure mi guarda, anzi gira la testa dall’altra parte finché interviene il marito che, per porre fine alla discussione, mi cede la sua di sedia. Ebbene, signori: è rimasto in piedi tutto il pranzo lui piuttosto che dire alla moglie di mettere il cane a terra...

Qualche tempo fa ho sentito uno psicologo che raccontava di una sua visita in carcere. Andava a trovare una ragazza, accusata di aver ucciso il padre. Lo psicologo era arrivato in compagnia di una sua collaboratrice in pelliccia e la giovane detenuta li aveva accolti in modo irato. «Dottore», è sbottata all’improvviso. «Ma non lo sa che per fare le pellicce si uccidono gli animali?». Che animo sensibile: alla ragazza in carcere sembrava inaccettabile uccidere gli animali. Anche se lei aveva ucciso senza pietà il padre. La signorina col cagnolino della fiera di Rho, è evidente, non ha ammazzato nessuno, a parte forse il buon senso. Però leggendo la sua lettera mi è venuto in mente il racconto dello psicologo. E ho pensato a quando, alcuni mesi fa, alcuni politici molto perbene e molto preparati erano andati a Roma a protestare davanti all’ambasciata cinese. Per cosa? Per la pena di morte? Per la costante violazione dei diritti civili? Per i soprusi su donne e bambini? Per gli aborti? Macché: protestavano contro il maltrattamento degli orsi. Si capisce: gli orsi scuotono la coscienza, tutto il resto, no. Come lei nota, con il suo racconto minimalista, ma molto significativo, abbiamo finito per trasformare gli animali in surrogati degli uomini, in pseudo-bambini, bebé pelosi e forse addirittura più viziati. Sia chiaro: gli animali vanno amati, curati, considerati. Ma non li si può trasformare in persone umane. Non si fa il loro bene. E tanto meno il nostro. In effetti fa una certa impressione, in un pianeta in cui ogni 5 secondi un minore muore di fame, vedere che si spendono 742 euro per fare la risonanza magnetica a un gatto o 20 euro per il profumo di un cane (eau de bastarde?). Addirittura, adesso, gli animali domestici si portano dal coiffeur d’alta classe, dallo stilista, in piscina e pure dallo psicologo.

In Giappone hanno creato l’albergo a 5 stelle per amici a 4 zampe: per la suite deluxe si spendono 143 euro a notte. E con tutto questo lei si stupisce se, quando si va a mangiare, i cani prendono posto e gli uomini restano in piedi? Macché. L’unica cosa davvero da capire è se le bestie sono davvero quelle sedute al tavolo...

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