Non basterà il "ragazzo alibi" a fermare la scissione nel Pd

Franceschini scelto dagli ex Pci solo perché estraneo a Botteghe oscure Ma tra polemiche, scontri e pasticci il destino del partito è già segnato

C’è nessuno più odioso di chi dice «te l’avevo detto»? No. Ebbene, io sono quello che gliel’avevo detto. Quando crollò l’Urss e Achille Occhetto cambiò in fretta e furia il nome sulla porta in Pds, io dalle colonne di un altro giornale, dissi più o meno: ragazzi, non ve la caverete cambiando quel nome neanche per dieci volte. Voi dovete, se ce la fate, rinnegare e condannare il passato come ha poi fatto (allora ancora non lo si sapeva) Fini mettendosi la kippah a Gerusalemme e facendo anche andare in bestia più della metà dei suoi.
Ma i casi sono due: o comunisti per sempre, o anticomunisti d’ora in poi. Non si scappa. Loro decisero per il «ni»: quelle scemenze tipo «non rinnegare e non essere», che fanno cadere le braccia per non dir peggio.
La crisi del Pd, figlio dell’Ulivo, dei Ds, del Pds e di Dio sa che cos’altro ancora, è tutta qui. La vera lezione di vita che io abbia imparato da mia madre è quella che viene da un incidente culinario: scoprì prima di andare a tavola il giorno di Natale che la crema di funghi scricchiolava di sabbia e invece di buttare tutto nel secchio si mise ad aggiungere burro, frullare, filtrare, bollire, tutte operazioni inutili: c’era la sabbia. Buttare.
Ma chi butta una crema che profuma di funghi? E chi butta un bel partitone comunista che ha tenuto banco per settant’anni, mettendoci dentro tutto?
E così hanno fatto i post-comunisti. Come mia madre. Come Veltroni: pasticcia, distingui, separa, aggiungi, bolli a bagnomaria ma alla fine scricchiola e nessuno mangia. A quel punto, disperazione. Hai voglia ad aggiungere la pasta di Obama e di tutta la famiglia Kennedy. Buttare. E sostituire.
Con che? Con Franceschini, homo novus perché non viene dalle oscure botteghe, ma poi neanche tanto nuovo. Però, bella faccia, un po’ malconsigliato con questa pietosa faccenda della Costituzione votata nella mani del padre (mai creare ritualità prima di raccogliere un successo) e insomma uno al quale non puoi dare una pacca sulle spalle dicendogli «Ehilà, vecchio kaghebbista, che cosa facevi di bello ai tempi di Mosca?». A lui no. Dunque, ecco il nostro «ragazzo alibi».
E, dice Fabrizio Rondolino, il fatto che Franceschini non sia comunista impedisce a noi vecchi comunisti di storpiarlo a suon di lazzi e insulti come facciamo abitualmente fra di noi. Già, perché gli ex comunisti sono animati dal cupio dissolvi di chi sa di aver perso tutte le partite su tutti i tavoli, ma sempre pretendendo di essere il migliore, come zio Palmiro. Poi arrivano le sconfitte, gli arresti, la vergogna, lo sputtanamento morale e ancora insistono. Finché, finalmente, si decidono a passare il testimone: la vecchia guardia comunista non è più capace di esprimere un tentativo di leadership, e questa è una sconfitta per tutti, da D’Alema a Bersani, fino al dimenticato Fassino.
Ma ecco che non essere più ex comunisti in un partito nato per essere la continuità (ingrassata) del vecchio Pci, pone dei problemi: li pone a Rutelli che apre a Casini per un centro liberaldemocratico con i cattolici, e li pone a Franceschini perché le grandi questioni di bioetica, la vita e la morte, la libertà e la scelta, appartengono a un ambito sconosciuto – malgrado le chiacchiere – all’ultimo bastione in maschera di quel che fu il partito di Gramsci, Togliatti, Longo e Berlinguer. E allora, appena liberizzi il pensiero, ti accorgi che il pensiero, una volta liberato, spacca. Spacca le coscienze, divide gli animi e le opinioni, chiede e lascia libertà di coscienza.
Questo è il primo scoglio. Altri ne verranno con la crisi economica e con i rapporti con il licaone Di Pietro, l’ex procuratore che mangia vivi gli amici mentre scappano sfilandogli le interiora dalla pancia. Che fare? È in grado Franceschini di ancorarsi a un’area di riferimento? Per gli ex comunisti era meno complicato: erano divisi in due blocchi rappresentati da Veltroni e D’Alema, ma pur sempre blocchi. Ma Franceschini, pover’uomo? Chi son li maggior tui? Il papà che partecipa a questa trovata pubblicitaria del giuramento sulla Costituzione, oppure coloro che in tutti i partiti chiedono che la Costituzione cambi, specialmente nella prima parte, l’intoccabile. Detto per inciso e pro domo sua: i liberali hanno chiesto di rimuovere proprio il ferrovecchio dell’articolo uno della Costituzione, quello che invece di parlare di libertà e di individuo, parla di lavoro come un comunicato della Cgil.
Che farà in questo campo Franceschini? Come risponderà di fronte al frazionamento dei blocchi che si sta preannunciando come nel cartone animato «L’era Glaciale 2», in cui tutto si squaglia e dagli abissi saltano fuori i mostri?
Io sono stato, non da solo naturalmente, buon profeta quando venti anni fa dissi che un Pci ripicchiato e travestito da scimmietta ammaestrata non avrebbe potuto guadagnarsi il pane elettorale. Ora spero di essere di nuovo buon profeta dicendo chiaro e tondo che cosa succederà: scissione. Non c’è più il collante, non c’è più la crema dei funghi, non c’è la memoria, non c’è niente e anche se Franceschini fosse Bismark e Machiavelli, Lincoln e Cavour (e non somiglia a nessuno di loro) non riuscirebbe a risolvere il problema numero uno: a quali radici abbarbicarsi, chi essere, che cosa fare.


E dunque le forze centrifughe prevarranno su quelle centripete e il giocattolo si sfascerà andandosene a pezzi. A quel punto bisognerà contare i pezzi e le briciole e contarle. Ma sarà improbabile trovare il rigattiere o l’antiquario capace di rimetterle insieme.

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