«Non bombardiamo, abbiamo un passato da Paese coloniale»

Le «perplessità» dell’Italia a partecipare direttamente ai bombardamenti in Libia derivano dalla «nostra storia di Paese coloniale». «Nel Trattato di amicizia ci scusiamo per la morte dei libici per mano dei colonizzatori fascisti. Non vorremmo 100 anni dopo, per errore, trovarci di nuovo ad uccidere dei civili libici. Questo sarebbe usato dalla propaganda di Gheddafi contro di noi». Così il ministro degli Esteri Franco Frattini (nella foto Ansa con il «ministro degli Esteri» del Consiglio nazionale di transizione libico, Ali al-Isawi) ha spiegato la riluttanza del nostro Paese a bombardare le postazioni di Muammar Gheddafi, come sollecitato dagli alleati della Nato e anche dagli insorti. Ciò premesso Frattini, che ha detto di attendere i colloqui che avrà venerdì a Roma con il presidente del Consiglio nazionale di transizione libico (Cnt), Mustafa Abdel Jalil.

«Vediamo cosa ci chiederà quando a Roma incontrerà me e Berlusconi», ha aggiunto il ministro, che ha anche dichiarato: «Non possiamo dire che la Nato non sta lavorando bene. Lo abbiamo molte volte ripetuto: ci siamo affidati all’Alleanza atlantica e la Nato sta facendo un buon lavoro».

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