Non c’era la mano di Al Qaida nella strage di luglio a Londra

«Piano semplice e poco ambizioso» realizzato dai kamikaze con internet

Lorenzo Amuso

da Londra

Un piano «semplice e poco ambizioso», confezionato su Internet da quattro kamikaze che sognavano l’immortalità ma non avevano alcun legame con la rete terroristica di Al Qaida. È questa l’inattesa conclusione dell’inchiesta governativa sugli attentati dello scorso 7 luglio a Londra, costati la vita a 52 persone. Nonostante le supposizioni della prima ora, e un video nel quale Siddique Khan e Ayman al Zawahiri (considerato il numero due di Osama Bin Laden) facevano riferimento agli attentati londinesi, Al Qaida non ha avuto alcun ruolo nella pianificazione, o realizzazione, degli attacchi al sistema dei trasporti della capitale britannica.
È stato il domenicale Observer a fornire un’anticipazione del rapporto redatto da un esperto sotto la guida del ministro degli Interni Charles Clarke, la cui pubblicazione è attesa tra qualche settimana, e non mancherà di suscitare polemiche e preoccupazioni. Perché le sue conclusioni mettono a nudo - in maniera inquietante - la vulnerabilità di una nazione in prima linea nella lotta al terrorismo, che solo due settimane più tardi avrebbe subito un’analoga serie di attentati (falliti nella loro fase finale) per mano di altri quattro terroristi, anch’essi senza legami con il terrorismo internazionale. Né l’imponente dispiegamento di forze dell’ordine né l’opera di prevenzione dei servizi segreti hanno potuto nulla contro la folle determinazione dei quattro aspiranti martiri. Estremisti islamici sprovvisti di tutto: risorse economiche, esperienze militari, appoggi logistici. Votati al suicidio dalla sete di vendetta per la politica estera britannica, ritenuta anti-musulmana, e probabilmente ispirati da un viaggio (compiuto da due di essi) qualche mese prima in Pakistan. Per le bombe, i quattro hanno speso solo poche centinaia di sterline, raccogliendo le informazioni per la confezione degli ordini nei siti internet del terrore.
Il rapporto, che esclude il coinvolgimento di un quinto uomo del quale si era inizialmente sospettata l'esistenza, esplora anche il comportamento dei terroristi - tre britannici d’origine pachistana e uno d’origine giamaicana convertito all’islam - nei mesi precedenti le stragi. Uomini «apparentemente normali», alle prese con una doppia vita: stretta adesione all’interpretazione estremistica dell’islam, pur in un contesto di stile di vita occidentale. A proposito del video in cui appaiono i leader di Al Qaida, gli investigatori credono che sia stato realizzato dopo, e non prima, le stragi.
Ad alimentare nuovi timori sulla sicurezza nel Paese contribuisce l’ultimo rapporto dell’intelligence, secondo cui almeno 400 persone (il doppio delle stime precedenti) appartenenti al gruppo terroristico di Al Qaida sono presenti in Gran Bretagna.

Un numero che salirebbe fino a 600 - sostiene Eliza Manningham-Buller, direttore generale dell’MI5 -, se vengono considerati anche i terroristi attualmente nei campi di addestramento all’estero, in particolare in Pakistan e Afghanistan. «È un numero fuori controllo - ha dichiarato James Hart, responsabile della polizia di Londra -. Devi chiederti chi sorvegliare e fare scelte intelligenti. È come giocare alla lotteria».

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