da Milano
Milano città aperta. Al capoluogo meneghino, da sempre meta di immigrazione, spetta il record (tra le grandi città) dei bambini stranieri iscritti a scuola: il 12,7% degli alunni. Per le sole scuole elementari significa 4-5mila bimbi provenienti dai più disparati Paesi del mondo. Che parlano le lingue più disparate. Il caos tra i banchi. Per far fronte al quale, le scuole della città hanno a disposizione solo un centinaio di insegnanti facilitatori.
Non è un caso, ad esempio, che una delle prime iniziative assunte dal nuovo direttore scolastico regionale della Lombardia Anna Maria Dominici al suo insediamento a Milano, sia stata la proposta di istituire un «tavolo interistituzionale» che si occupi dellinserimento dei figli degli immigrati nella nostra scuola. «La cosa più urgente, ha detto la Dominici, è quella di evitare innanzitutto che si formino scuole ghetto, sarebbe la contraddizione dellintegrazione, che è lobiettivo di fondo a cui dobbiamo mirare». Il problema si pone soprattutto con i neoiscritti, cioè i bambini che vengono inseriti in mezzo a compagni italiani senza conoscere una parola della nostra lingua. È questa la difficoltà più diffusa di fronte a cui si trovano le scuole: senza superarla non è pensabile di integrare un alunno nel lavoro della classe. «Linsegnamento della nostra lingua agli alunni non italiani continua la Dominici è una necessità su cui dobbiamo cercare di investire il massimo delle risorse. Ancora una volta abbiamo bisogno delluniversità perché ci aiuti a formare personale in grado di assolvere a questo compito». Un obiettivo che si era posto anche il suo predecessore Mario Dutto, che era riuscito nellintento di attivare attraverso luniversità un corso di questo tipo che aveva visto la frequenza di oltre 100 giovani docenti. Alla fine, però, gli abilitati in questo corso non avevano trovato la strada burocratica per essere assunti. E liniziativa è così naufragata, a discapito delle scuole che fanno sempre più fatica a gestire il problema.
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