Non c’è l’obbligo di spalmare i debiti

Il compito forse più difficile di un amministratore è esigere i debiti dai condomini morosi. Specie in questi ultimi tempi: secondo l’Anammi (Associazione nazionale degli amministratori d’immobili), infatti, in tempi normali la percentuale di morosi è pari al 10% dei condòmini, ma con la crisi la quota si è raddoppiata. In questo impegno, però, l’amministratore ha la legge dalla sua: infatti può ricorrere al giudice per ottenere la riscossione forzata delle spese, senza la necessità di avere l’approvazione dell’assemblea. Non può, invece, ripartire i debiti tra i condomini che hanno già pagato. Solo in caso di urgenza - per esempio, perché si rischia il taglio per insolvenza delle forniture di luce, acqua e gas - l’assemblea può votare a maggioranza la costituzione di un fondo comune da usare per pagare i fornitori, da restituire poi ai condomini in regola una volta riscossi i debiti.
Nota positiva: non è più possibile, per i creditori (ditte edili, portiere, fornitori), chiedere al giudice di pignorare uno qualsiasi degli appartamenti condominiali per saldare il debito, come accadeva una volta, salvo il diritto del «capro espiatorio» a rivalersi successivamente sull’intero condominio.

La Corte di Cassazione ha, infatti, stabilito nel 2008 che i debiti del condominio non sono solidali, cioè ognuno è responsabile solo della propria quota: gli inadempienti, quindi, saranno i soli a dover rispondere di eventuali spese aggiuntive e a rischiare di vedersi pignorata la casa.

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