«Non c’è il rischio di un’epidemia»

Michele Carruba, direttore del dipartimento di Farmacologia, Chemioterapia e tossicologia medica dell’Università Statale di Milano, proprio quel dipartimento da cui sono stati presi i conigli, cerca di calmare le acque e frenare qualsiasi allarmismo.
«Innanzitutto è bene ribadire, per evitare il panico, che non c’è alcun pericolo che si verifichi un’epidemia di vaiolo - sottolinea il professor Carruba. - Poi non si può generalizzare, nel senso che non è affatto detto che accarezzando un coniglio infetto - sono solo tre su dodici, ed è bene ricordarlo, hanno un tatuaggio nell’orecchio destro con un numero 8,9,10 - si venga contagiati. Abbiamo sì detto che è rischioso toccare l’animale, intendendo dire che esiste la possibilità, nel caso in cui si verifichino contemporaneamente certe circostanze, che la persona si infetti».
Nel caso in cui si accarezzasse con forza il coniglio, spiega il direttore del dipartimento, potrebbe emergere dalla cute il virus, che, se a contatto con delle ferite sulle mani e nel caso di difese immunitarie deboli, può essere rischioso. «Se ci si tocca il viso - specifica Carruba - senza essersi lavati bene le mani prima allora si potrebbe, ma non è detto, contrarre un’infezione cutanea che scatena delle pustole simili a quelle del vaiolo, che guariscono da sole lasciando una cicatrice.

Se poi ci si sfregano gli occhi, allora, il condizionale è d’obbligo anche in questo caso, si potrebbe contrarre la cheratite».
Insomma basta non toccare gli animali per evitare il pericolo e se invece accadesse il contrario il consiglio è lavarsi bene le mani con sapone.

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