«Non cambia nulla Conta solo che l’Inter vince»

nostro inviato a Appiano G.

Chi mai crederà che a Leonardo poco sia importato del risultato di ieri sera? Forse nessuno. O quasi. Magari qualche familiare ci sarà cascato. Amor di cronaca invita a riproporre la risposta ufficiale, davanti a microfoni e penne: «Non cambia niente, conta solo che (che, non se, ndr) vinciamo noi. Soltanto la continuità di risultati ci porterà da qualche parte. Non sono 5, 8, o 2 punti che possono contare». Naturalmente ha dimenticato di soggiungere: fino al derby. A quel punto conteranno, eccome. Ma questo è Leonardo, un po’ come l’Inter. Ti fa vedere il fumo e intanto prova a far l’arrosto. Per esempio, chi può credere a quest’altra perla: «Io amo la felicità, sono felice perché sono felice. Anche se perdo tutte le partite non mi dispero....». E qui darla a bere in questo modo è perfino sfacciato. Se non si dispera lui, c’è il caso che lo facciano altri. A cominciare dai tifosi.
Qualcuno penserà: ieri Leo aveva bevuto qualcosa di troppo. No, assolutamente, Leonardo intinge tutto nella filosofia, nella sua filosofia che ammette anche la realtà («Ovvio che penso a vincere, vincere è il massimo della felicità»), ma non riesce a disgiungersi dall’obiettivo della sua vita: ovvero essere soddisfatto di tutto quanto fa. Si tratti pure di sbagliare formazione o partita. Cosa ci volete fare? È la nuova via del calcio dell’amore. E va rispettata se porterà risultati. A proposito, la miglior battuta di ieri gli è uscita dal sen, o dalla lingua, mentre se ne stava andando. Qualcuno chiede: formazione? C’è il dubbio Cordoba-Ranocchia, entrambi hanno problemini. E lui lancia la risposta scappando alla vista: «Non lo so, devo parlare con il presidente!». Ironia sul tempo passato a Milanello? Chissà. Mai dire mai. Nostalgia dei suggerimenti di Berlusconi? Con Moratti basterebbe chiedere. Poi ci sarebbe anche Mourinho, ma ieri Leo ha nuovamente specificato che i rapporti sono molto amichevoli, e ognuno bada all’orticello suo. Ci mancherebbe! «Ci siamo messaggiati», ha spiegato. «Ma tutto bene, la cosa dell’aggressione non è stata toccata, è scivolata via. Certo, ora lui sta vivendo una grande sfida personale».
Ma anche Leo non scherza. Benitez gli ha lasciato in eredità una coppa del mondo. Se l’Inter non vincesse altro? Una domanda che l’interessato si è posto, alla quale oppone la solita filosofia: «Via i pensieri matematici: servono gioco, anzi continuità di gioco, e voglia di fare, con tanta motivazione e orgoglio. I ragazzi vogliono dimostrare ancora molto. Faremo i conti alla fine. Ma senza vittorie l’Inter non può mai essere contenta». Aggiunge che la via per arrivarci porta anche a litigare, mica soltanto a volersi bene. Spiega: «Se Maicon non urla, c’è da preoccuparsi. Non sarebbe lui». Parla di litigi che ci sono, ci sono stati e ci saranno. Facendo intendere di non essere un tecnico in mano alla volontà dei giocatori. Come certe scelte (e certi recuperi affrettati) lascerebbero pensare.
Oggi l’Inter ha la necessità di far gol(finora con Leo 6 partite e 6 successi in casa) ed evitare trappole. Il Genoa può indurre alla tentazione di prenderlo sottogamba: 4 assenti. Racconta Leo che la recente tenuta difensiva spinge all’ottimismo, il resto tocca all’attacco. Pazzini si gioca un derby, Kharja e Ranocchia un revival. Il risultato di Juve-Milan potrà anche lasciare indifferenti, il terzo crollo del Bayern (ieri ha perso 3-1 ad Hannover) potrebbe indurre alla tentazione di focalizzarsi solo sulla Champions. È vero, l’Inter può ancora tutto, dipende solo da lei. E se quest’anno qualcuno vorrà assegnare il titolo del «Milano siamo noi», rilanciato da Moratti con tanto di petto in fuori ed Ambrogino in mano, la lotta sarà ancora più dura e pura.
E Leonardo, da perfetto democristiano ancien regime, da ex milanista ed oggi interista, ha provveduto a regalare a ciascuno il suo spicchio di orgoglio, con valutazione però realistica. «Le due squadre si sentono giustamente una più dell’altra identificate con la città, perché così dice il loro punto di vista. Ma non c’è altra città, in Italia, che possa vantare un derby così equilibrato nel sentirsi rappresentante della città. Altrove non si può proprio discutere. È una situazione di bellissimo pareggio.

La gente prova, a livello emotivo, la grande soddisfazione di chi, più di un secolo fa, ha creato queste squadre. Riuscire a mantenere intatta la stessa passione, cento anni dopo, è un atto di vero orgoglio». Eppoi parla il campo.

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