«Non confessate i peccati degli altri»

Un decalogo sulla Confessione, ma invece del consueto come fare, sono dieci regole da non seguire. A scriverlo, in tono allegro e contenuto serio e realistico, monsignor Mario Delpini, vicario generale della Diocesi. «Per essere sicuri che la confessione non serva a niente si devono applicare le seguenti regole (anche non tutte, ne bastano alcune)» è l'esordio della mini guida pubblicata su «MilanoSette», il settimanale a cura della Diocesi ospitato da Avvenire.

Ed ecco le regole, una per una: 1. «Confessare i peccati degli altri invece che i propri (e confidare al confessore tutte le malefatte della nuora, dell'inquilino del piano di sopra e i difetti insopportabili del parroco, dopo aver accertato che il confessore non sia il parroco)». 2. «Esporre un elenco analitico e circostanziato dei propri peccati, con la preoccupazione di dire tutto e tirare un sospiro di sollievo quando l'elenco è finito...». 3. «Confessarsi per giustificarsi: in fondo non ho fatto niente di male. Il pentimento è un sentimento dimenticato». 4. «Confessare tutto, eccetto i peccati più gravi (perché se no non mi assolve). 5. Presentarsi con la dichiarazione: Io non ho niente da confessare».

Non finisce qui. Eccoci alla regola 6. «Confessarsi perché me l'ha detto la mamma (o il papà o la moglie o la zia)». 7. «Parlare con il confessore per mezz'ora del più e del meno e concludere: La ringrazio che mi ha ascoltato». 8. «Approfittare della presenza di un confessore (Non avevo neanche in mente di confessarmi, ma ho visto che era libero)». 9. «Confessarsi perché è giusto confessarsi ogni tanto». 10. «Confessarsi per evitare che il confessore sia venuto per niente». Evitati questi inciampi, si può ripartire per una confessione.

SCot

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