Non confondiamo la magistratura con le Brigate rosse

Qualcosa si sta veramente agitando e organizzando per mettere il boccaglio ai pochi che nella ristrettissima rappresentanza della stampa vicina al centrodestra dicono e scrivono con coraggio ciò che pensano, suscitando così rancore e rabbia nei salotti del politically correct. Mi sembra di rivivere gli anni ’70, quando si gridava «ucciderne uno per educarne 100». Ma stavolta non sono le Brigate rosse a minacciare, sono, ed è molto peggio, settori che rappresentano lo Stato, quei segmenti che ancora oggi sono morbosamente ancorati alla vecchia politica del cattocomunismo. L’avviso di garanzia al direttore di Libero Maurizio Belpietro è un segnale preoccupante e grave, ci suggerisce quanto sia puntuale e scientificamente efficiente l’«apparato della Menzogna». Loro sì che sono i maestri della censura: sono stati ben educati alla calunnia più feroce, sono consapevoli della loro attitudine a mordere come cani rabbiosi nei momenti opportuni, hanno saputo organizzare (nelle Università, nella magistratura, nell’editoria, nelle redazioni di molti giornali ect...) quel plotone d’esecuzione pronto ad annientare il loro nemico politico e non.

Forse tutto questo dovrebbe far riflettere il centrodestra che non può più accarezzare il vittimismo, semmai occorre organizzarsi e reagire intelligentemente in quel cono di luce dove la sinistra e soci sono fin troppo liberi di esercitare il killeraggio.
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