Politica

«Non diamo deleghe in bianco però siamo pronti a discutere»

Luca Telese

da Roma

Leggi «speciali» antiterrorismo? A Pierluigi Bersani, uomo-simbolo dell’ala riformista dell’Unione non interessano dispute nominalistiche, ma «la sostanza». Dopo gli attentati di Londra riflette sul terrorismo, su quella che definisce «la strategia della morte». Spiega così quello che secondo lui sta accadendo, come si deve rispondere.
Onorevole Bersani, che cosa ha pensato dopo le bombe in Inghilterra?
«Che i primi obiettivi dei terroristi sono due: colpire gli inermi e celebrare il terrore. La paura è l’acqua in cui vogliono nuotare: quello che stanno cercando di comunicarci, dunque, è un’immagine di efficienza chirurgica, la capacità militare e scientifica di seminare distruzione e panico».
Cioè la strategia propagandistica è pari a quella militare?
«Proprio così. Se dovessi riassumere in uno slogan, direi che il loro è “Sangue chiama sangue”».
Come giudica le risposte inglesi?
«Ho apprezzato la capacità dimostrata dal governo britannico di contenere ogni disperazione, di calibrare i messaggi. Non credo alle censure, ma penso che un codice di autoregolamentazione dei media, se produce i risultati che abbiamo visto, sia il miglior aiuto possibile».
Che cosa vede nei terroristi oggi?
«Un tentativo machiavellico. Quello di mettere in campo un “moderno principe” eversivo che cerca in ogni modo di portarci dove non dobbiamo arrivare, al conflitto di civiltà».
In Italia c’è un forte dibattito su come rispondere alla minaccia.
«Non credo sia utile incartarci nella spirale ottusa delle risposte cieche o militari, seguire le tirate demagogiche della Lega. Io credo che a tutti, governo e opposizione occorra sederci intorno ad un tavolo e vedere quello di cui c’è effettivamente bisogno».
Quale è il discrimine secondo lei?
«Vedo che fino ad ora Pisanu ha avuto toni ben diversi da quelli del Carroccio. A me non interessa imbarcarmi con chi si lascia tentare da psicologie emergenziali. Sono molto interessato, invece, al discorso che il governo potrebbe farci se dicesse quello di cui c’è bisogno per migliorare l’efficienza della nostra intelligence».
Ovvero?
«Se ci si si fa una proposta sensata e ci si dice quali sono le misure concrete che devono essere riviste, noi siamo disposti a fare la nostra parte».
Mi riassume in un titolo la sua posizione?
«No a ogni delega in bianco, sì a una verifica seria. Il primo obiettivo: dare risposte alla gente».
C’è chi a sinistra teme per i diritti e le libertà...
«E qualcuno pensa che a noi non stiano a cuore? Non dimenticheremo i diritti di nessuno, e credo che nemmeno Pisanu lo voglia. Mi sta a cuore, però, non minimizzare la situazione, se è vero che il miglior servizio segreto del mondo non è riuscito a fermare gli attentati».
Anche in Italia cresce la paura...
«La prima cosa che faccio, in queste ore, è mettermi nei panni di chi ogni mattina prende la metropolitana e... un pensiero, ovviamente lo fa».
Alla Camera discuterete questo?
«I terroristi cercano di farci interpretare in chiave distruttiva le pulsioni che attraversano il mondo: corteggiano la morte perché sanno che le ritorsioni cieche gli portano consenso. Se qualcuno approfitta della paura per suggerirci risposte militari non ci sto. Se si tratta di studiare le misure migliori per alleviare i focolai, io ci sto».
E le truppe in Irak?
«Ero contrario all’intervento, sto trovando conferme che quella posizione era giusta.

Chiunque governerà, noi o il centrodestra, dovrà pianificare seriamente il ritiro».

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