Leggo con un certo sconforto le idee del signor Petrella, perchè è di idee personali che si tratta, anzi di illazioni piuttosto grossolane ed errate. Speravo che il Petrella potesse fermarsi al primo intervento ed invece si è avventurato in un secondo ancora più disastroso e, non contento, ci ha regalato una terza gemma. L'errore fondamentale del Petrella è molto semplice, è l'impostazione del ragionamento, specialmente quando parla di Etnia Ligure. Quella ligure, ma si dovrebbe chiamare Genovese, perchè è a questa che si rifanno gli indipendentisti odierni, non si può chiamare Etnia. Essa fu, come quella romana, innanzitutto una civiltà. Non è un caso che a Genova, similmente a quanto si fa a Roma, si usi ancor'oggi dire «Zeneize de Zena» (Genovese di Genova), per distinguersi dai Genovesi sparsi, fino all'altro ieri, nelle colonie, fondaci e nationes fra Tabriz e Bruges. Non voglio dilungarmi troppo a spiegare al sig. Petrella una storia ricca come quella di Genova, il cui nome tra l'altro si presume possa derivare anche dal greco «Xenoi». Nonostante ciò vorrei avere la possibilità di citare alcuni nomi che il Petrella nella sua distratta requisitoria dimentica. Caffaro di Rustico di Caschifellone e Raffaele Deferrari, sono le parentesi graffe che racchiudono gli otto secoli di storia di quella civiltà. Certo, nella storia di un'Italia figlia di Alfonso La Marmora e Oreste Baratieri non c'è posto per due diplomatici, uno cronista, console e crociato, l'altro finanziere, filantropo e benefattore; consiglio vivamente ai lettori di informarsi sui due.
Una civiltà, quella Genovese (sive Ligustica), che ha semmai fortemente condizionato, quando non governato, l'attività politico-diplomatica, economico-commeciale e strategico-militare di tre imperi, quello Svevo, quello Bizantino e quello Borbonico.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.